Roma, 9 set. (askanews) – Osiris-Rex, la missione della Nasa che promette di far avanzare la nostra conoscenza sulle origini del sistema solare, ha iniziato il suo viaggio verso l’asteroide Bennu. La sonda, come previsto, è stata lanciata nella notte dalla base dell’Air Force di Cap Canaveral con il vettore Atlas V della società americana United Launch Alliance.
Osiris-Rex (Origins, Spectral Interpretation, Resource Identification, Security-Regolith Explorer) dovrebbe raggiungere la sua destinazione nell’agosto 2018. Secondo i piani, il primo step di missione sarà produrre 4 diversi tipi di mappe che insieme comporranno un modello 3D dell’asteroide e serviranno a garantire nel 2020 il successo della fase due della missione: la manovra TAG-SAM, che sta per Touch And Go e Sample Acquisition Mechanism.
Individuato il sito del prelievo – un’area ampia circa 50 metri, che sarà scelta dagli scienziati con l’obiettivo di massimizzare il ritorno scientifico minimizzando i rischi di impatto per il veicolo – Osiris-Rex dispiegherà un braccio robotico e si avvicinerà lentamente a Bennu, fino a che l’estremità dello strumento non riuscirà toccare fugacemente il corpo celeste. Sarà in quei brevissimi 5 secondi che la sonda dovrà catturare il suo ‘pezzo’ di asteroide. E di lì iniziare il viaggio di ritorno verso casa.
Bennu, scoperto nel 1999, è un enorme pietra nera di circa 500 metri di diametro che gira attorno al Sole in un anno e due mesi e si avvicina alla Terra ogni sei anni, a una distanza simile a quella con la Luna. Secondo i calcoli della Nasa esiste anche l’eventualità che l’asteroide entri in collisione con il nostro pianeta tra il 2175 e il 2196.
Bennu – come ha spiegato John Robert Brucato, ricercatore dell’Istituto nazionale di astrofisica presso l’Osservatorio Astrofisico di Arcetri, Sample and Contamination Control Scientist della missione, coinvolto negli strumenti OVIRS (OSIRIS-REx Visible and IR Spectrometer) e OTES (OSIRIS-Rex Thermal Emission Spectrometer) – “è un asteroide primitivo ricco di carbonio rimasto praticamente inalterato dalla formazione del Sistema solare che ha, quindi, mantenuto il materiale di cui è composto nello suo stato originario”.
“La Terra di contro, così come gli altri pianeti del Sistema solare, attraverso i processi geologici, ha cancellato, differenziandosi, tutte le tracce del materiale da cui si è formata, rimescolando tutti gli elementi chimici. Nei 60 grammi di materia che avremo recuperato nel 2023 – sottolinea il ricercatore dell’Inaf – saranno contenuti, dopo essere stati sintetizzati dalle stelle e disseminati nello spazio, tutti gli elementi chimici presenti nell’Universo. Tutta la nostra storia sarà raccolta sul palmo della mano e richiederà solo di essere decifrata utilizzando i migliori strumenti di analisi disponibili oggi nei laboratori di tutto il mondo”.