Roma, 26 ago. (askanews) – Dopo 24 anni di servizio, l’8 settembre prossimo il primo dei quattro satelliti della missione Cluster dell’Agenzia spaziale europea rientrerà nell’atmosfera terrestre all’altezza dell’Oceano Pacifico Meridionale, in una zona disabitata. Un rientro mirato per Salsa (Cluster 2), studiato per garantire che le spoglie satellite non si aggiungano alla quantità di rifiuti spaziali correntemente in orbita attorno alla Terra nell’ottica di un’esplorazione spaziale sostenibile.
Lanciato nel 2000, Cluster ha trascorso 24 anni a studiare forse l’unica cosa che rende la Terra un mondo abitabile unico in cui la vita può prosperare: il suo potente scudo magnetico, la magnetosfera che, come un enorme ombrello, ci protegge dalla maggior parte della pioggia di particelle che il Sole incessantemente invia nella nostra direzione. Ma le raffiche di questo vento solare possono filtrare attraverso questo scudo, inviando raffiche di particelle energetiche a cascata verso la superficie terrestre. Le aurore boreali e australi sono la manifestazione più visibile di questo evento atmosferico. Più raramente, le particelle emesse dal Sole possono interrompere la nostra alimentazione elettrica, disturbare le comunicazioni radio o danneggiare i satelliti. L’influenza del vento solare sull’ambiente magnetico terrestre è denominata ‘meteorologia spaziale’. E fino all’arrivo di Cluster, – evidenzia l’Esa – investigare sulla meteorologia spaziale era impossibile.
Cluster non era stato progettato per durare così a lungo, né per un finale così sicuro. Era stato inizialmente lanciato in una missione di due anni per studiare l’interazione tra il Sole e la Terra. Poiché stava conducendo un esperimento scientifico così impressionante e rivoluzionario, gli operatori del veicolo spaziale dell’Esa hanno deciso di farlo continuare. Oltre 24 anni dopo il suo lancio, la storica missione per misurare l’ambiente magnetico terrestre è giunta al termine. Senza alcun intervento, i quattro satelliti di Cluster sarebbero rientrati naturalmente in modo meno prevedibile, potenzialmente su una regione più densamente popolata.
Dei quattro satelliti di Cluster – Rumba (Cluster 1), Salsa (Cluster 2), Samba (Cluster 3) e Tango (Cluster 4) – Salsa sarà il primo a fare il grande rientro nell’atmosfera terrestre. Salsa si dirigerà verso una regione specifica dell’Oceano Pacifico Meridionale, il più lontano possibile dalle regioni popolate. “Lo scorso gennaio abbiamo modificato l’orbita di Salsa per assicurarci che l’8 settembre precipiti rapidamente da un’altitudine di circa 110 km a 80 km,” spiega Bruno Sousa, Responsabile delle Operazioni di Cluster. “Questo ci dà il massimo controllo possibile su dove il veicolo spaziale entrerà nell’atmosfera e inizierà a bruciare.” La squadra di Bruno Sousa sta ora osservando il satellite da lontano. Un rientro mirato consente sufficiente prevedibilità dei tempi e della posizione di rientro, elementi che rendono innecessarie ulteriori manovre.
Nonostante l’Esa sia fiduciosa che nessun frammento toccherà terra, “abbiamo ancora pochissimi dati su come si comportano i veicoli spaziali mentre passano attraverso gli strati inferiori dell’atmosfera. Vorremmo saperne di più per prevedere ancora meglio l’ora e la posizione dei rientri satellitari e garantire la sicurezza degli esseri umani sulla Terra”. L’Agenzia sta considerando anche di osservare il rientro di Salsa da un aereo.
Il rientro di Cluster segue quelli delle missioni Esa di Osservazione della Terra Aeolus e ERS-2. Con questo rientro mirato, Esa – evidenzia l’Agenzia – si riconferma pioniere nell’identificazione di nuove strategie per ridurre il suo impatto ambientale, smaltendo le sue missioni in modo più sicuro e sostenibile di quanto previsto al momento della loro progettazione. “Studiando come brucia Salsa, quali parti potrebbero sopravvivere, per quanto tempo e in quale stato, impareremo molto su come costruire satelliti a ‘detriti zero’,” spiega Tim Flohrer, Capo dell’Ufficio Detriti Spaziali di Esa. “Le lezioni apprese da questa attività aiuteranno a trasformare i rientri mirati in un’opzione sicura e ben compresa per lo smaltimento di altre missioni spaziali in orbite simili, come Smile e Proba-3”.
Dopo il rientro di Salsa, i tre satelliti di Cluster rimasti entreranno in modalità ‘custode’; anche se non effettueranno misurazioni scientifiche, gli operatori li monitoreranno per ridurre al minimo il rischio di collisione con altri satelliti o con la Terra stessa. Il team di Bruno Sousa regolerà l’orbita di Rumba (Cluster 1) nell’agosto 2024 in preparazione di un rientro mirato simile a quello di Salsa nel novembre 2025. Gli scienziati manovreranno dunque Samba (Cluster 3) e Tango (Cluster 4) nel novembre 2024, preparandosi all’addio definitivo di Cluster nell’agosto 2026.
Alla fine del 2025, l’Esa prevede di lanciare la sua prossima missione rivolta allo studio dell’ambiente magnetico terrestre: il Solar Wind Magnetosphere Ionosphere Link Explorer, o Smile in breve. Missione condivisa con l’Accademia Cinese delle Scienze, Smile si baserà sulle conoscenze di Cluster per svelare ancora di più sul complesso e intrigante ambiente magnetico che circonda il pianeta Terra.
(CREDIT: ESA – CC BY-SA 3.0 IGO)
Red.Lcp