Roma, 20 giu. (askanews) – Nel 2023 l’attività economica in Piemonte ha continuato a crescere, ma in misura molto più contenuta rispetto all’anno precedente. In base all’indicatore trimestrale dell’economia regionale della Banca d’Italia, il prodotto è aumentato dello 0,9 per cento (dal 2,7 del 2022), in linea con la media italiana, ma lievemente meno del Nord Ovest. L’andamento ha riflesso un’espansione nel primo semestre a cui è seguito un calo nel secondo. Sul peggioramento della congiuntura hanno influito la debolezza del ciclo macroeconomico internazionale, il dispiegarsi degli effetti della restrizione monetaria e l’accresciuta incertezza connessa con le tensioni geopolitiche. L’indicatore Regio-coin, che fornisce una stima dell’evoluzione delle componenti di fondo dell’economia regionale, divenuto negativo all’inizio dell’estate, ha ripreso a salire nello scorcio dell’anno e si è riportato su valori prossimi allo zero alla fine del primo trimestre 2024. Lo rileva la Banca d’Italia nel rapporto ‘L’Economia del Piemonte’, presentato oggi.
Guardando alle imprese della Regione, nell’industria l’attività e il fatturato sono cresciuti grazie all’andamento favorevole nella prima metà dell’anno. Vi hanno contribuito le esportazioni, soprattutto nel comparto dei mezzi di trasporto. Nel secondo semestre il quadro congiunturale si è indebolito e la produzione è diminuita. Nelle costruzioni, che nel biennio 2021-22 hanno sostenuto in misura rilevante il PIL, l’attività è ancora aumentata, seppure a ritmi più contenuti rispetto all’anno precedente: ai lavori di riqualificazione connessi con il Superbonus si è accompagnato l’avanzamento delle opere finanziate dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), che all’inizio dell’anno in corso risultava superiore alla media nazionale.
Anche nel terziario, prosegue Bankitalia, la crescita è proseguita a tassi nel complesso più bassi di quelli del 2022, ma con una significativa eterogeneità tra comparti: la dinamica è stata positiva per i servizi alle imprese e, soprattutto, per quelli connessi al turismo, che hanno beneficiato dei livelli storicamente alti di viaggiatori stranieri; nel commercio non alimentare e nei servizi alla persona l’attività è rimasta debole.
Il deterioramento della congiuntura, la maggiore incertezza e i tassi di interesse elevati hanno condizionato gli investimenti delle imprese industriali, che sono diminuiti. Alla spesa in conto capitale hanno continuato a contribuire gli acquisti di macchinari tecnologicamente avanzati e di impianti a più alta efficienza energetica. In particolare, nell’ultimo biennio gli investimenti nel fotovoltaico hanno accresciuto in regione la capacità produttiva di energia da fonti rinnovabili (FER): quest’ultima dovrà ulteriormente aumentare in misura rilevante entro il 2030 per consentire il raggiungimento degli obiettivi previsti a livello nazionale sulla copertura dei consumi di energia elettrica tramite FER.
Lo scorso anno il saldo tra ingressi e uscite dal mercato delle imprese è risultato marginalmente positivo in Piemonte, in ulteriore ridimensionamento rispetto all’anno precedente e ampiamente inferiore a quello medio nazionale. Tra le nuove società, quelle ad alta crescita sono risultate nel quinquennio pre-pandemia meno diffuse in Piemonte rispetto al resto del Paese, soprattutto in relazione alla minore rilevanza dei comparti dove esse sono strutturalmente più presenti. Tra le unità produttive operanti in regione quelle che fanno parte di gruppi multinazionali sia italiani sia esteri contribuiscono in misura superiore alla media nazionale al valore aggiunto e all’occupazione; esse si caratterizzano per produttività, salari medi, capacità innovativa e propensione all’export più elevati nel confronto con quelli delle altre imprese piemontesi.
La redditività complessiva delle aziende è ancora migliorata, nonostante il rallentamento congiunturale e l’aumento dell’onerosità del debito, sul quale ha influito l’elevata quota di prestiti a tasso variabile. La liquidità, già su livelli storicamente alti, è ulteriormente salita, anche per la minore spesa per investimenti. Il calo della domanda di credito e un atteggiamento più prudente degli intermediari hanno determinato una riduzione dei prestiti al sistema produttivo, che è stata più intensa per le aziende più piccole e per quelle dell’industria e delle costruzioni.
Dopo un inizio anno nel quale la produzione ha continuato a diminuire ed è aumentato il ricorso alla Cassa integrazione, per il complesso del 2024 l’indagine della Banca d’Italia presso le imprese prefigura nell’industria una marginale riduzione del fatturato reale; gli investimenti si stabilizzerebbero, grazie alla maggiore accumulazione delle aziende di grandi dimensioni; le difficoltà di approvvigionamento di input produttivi diversi dal lavoro continuerebbero ad attenuarsi.
Tra le aziende del terziario intervistate dalla Banca d’Italia l’andamento dei ricavi risulterebbe simile a quello del 2023; per quelle delle costruzioni la produzione continuerebbe a salire, anche se a tassi più contenuti.(Segue)