Il 5 dicembre Giornata del suolo, Slow Food: senza terra non c’è vita – askanews.it

Il 5 dicembre Giornata del suolo, Slow Food: senza terra non c’è vita

“Chimica e cementificazione minaccia per salubrità e biodiversità”
Dic 3, 2023

Milano, 3 dic. (askanews) – “Abbiamo bisogno di capire quanto sia fondamentale la terra in ogni nostra giornata di vita sul pianeta, quanto sia determinante per la sopravvivenza di ogni essere vivente. Dovremmo imparare a camminarci su con rispetto, a usarla con delicatezza e a respingere ogni abuso”. Questo è l’invito rivolto dall’agronomo e docente universitario, Francesco Sottile, membro del Board di Slow Food, in vista della Giornata mondiale del suolo che si celebra il 5 dicembre

“I nostri suoli sono messi a dura prova da un consumo spregiudicato legato a nuovi insediamenti e infrastrutture e alla desertificazione” spiega il vicepresidente di Slow Food Italia, Federico Varazi, ricordando che secondo i dati del Rapporto Ispra 2023, “la cementificazione continua ad accelerare, arrivando alla velocità di 2,4 metri quadrati al secondo e avanzando di 77 km2, oltre il 10% in più rispetto al 2021”. “Il territorio nazionale si sta trasformando, le città diventano sempre più calde e invivibili, aumenta l’esposizione al rischio idrogeologico” prosegue Varazi, aggiungendo che “nell’ultimo anno, nelle aree a pericolosità idraulica media, sono oltre 900 gli ettari di territorio nazionale reso impermeabile”. “Diminuisce anche la disponibilità di aree agricole: oltre 4.500 gli ettari persi nell’ultimo anno, pari al 63% del consumo di suolo nazionale, che corrispondevano a 4 milioni di quintali di cibo prodotto e due milioni di tonnellate di carbonio assorbito” continua, evidenziando che “i costi nascosti dovuti alla perdita dei servizi ecosistemici, sempre secondo il rapporto, ammontano a 9 miliardi di euro ogni anno”.

Un altro dato preoccupante è la desertificazione dovuta alla siccità crescente con la crisi climatica che sta investendo ampie zone del pianeta, e all’agricoltura industriale: “È un problema sempre più complesso e radicato su basi agronomiche, sociali, forse più genericamente antropologiche” fa presente Sottile, precisando che “basta pensare a un appezzamento di terra in cui si applica una lavorazione agroindustriale: si coltiva una specie in modo esclusivo, eliminando la biodiversità naturale con scelte di monocoltura, e il suo perdurare negli anni richiede necessariamente l’uso di chimica di sintesi per il suolo e una meccanizzazione sempre più spinta. Senza tralasciare che, spesso, – chiosa – dà spazio a una forma di inquinamento legalizzata come lo sversamento dei fanghi da depurazione”.

Un problema che rischia di compromettere la potenzialità di molti suoli, anche in Italia. Il 70% di tutti i suoli europei è in uno stato di cattiva salute a causa delle attuali pratiche di gestione, dell’inquinamento, dell’urbanizzazione e degli effetti del cambiamento climatico.