Roma, 22 set. (askanews) – A distanza di sette anni dal lancio, avvenuto nel settembre 2016, la missione della Nasa Osiris-Rex si appresta a portare a casa il suo bottino: i campioni dell’asteroide Bennu, contenuti in una capsula che atterrerà nel deserto dello Utah domenica 24 settembre.
La prima missione dell’agenzia spaziale statunitense con l’obiettivo di prelevare e riportare sulla Terra frammenti di un asteroide è arrivata a destinazione nel 2018 e ha trascorso due anni in orbita attorno al corpo celeste per studiarne il terreno e la conformazione per scegliere il punto più adatto alla toccata e fuga necessaria per il prelievo del materiale, avvenuto con successo il 20 ottobre 2020.
“Ho lavorato sulle immagini raccolte da Osiris-Rex durante la sua orbita intorno a Bennu per individuare il sito più adatto al prelievo”, spiega ad askanews Maurizio Pajola, ricercatore all’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) di Padova e membro del team scientifico della missione Osiris-Rex. “Il tipo di superficie alla fine ci ha dato una mano, ha opposto meno resistenza del previsto e quindi siamo riusciti a penetrare con il braccio robotico più a fondo e a raccogliere molto più del quantitativo minimo atteso di 60 grammi. Nella capsula dovrebbero esserci circa 250 grammi di materiale, tra rocce e polvere, ma lo si saprà con esattezza solo dopo che il contenitore verrà aperto”.
Una volta effettuato il prelievo, nel 2021 la sonda ha lasciato l’asteroide per iniziare il suo lungo viaggio verso la Terra che si concluderà domenica prossima, 24 settembre, quando a poco più di 100.000 chilometri dal nostro pianeta – alle 12.42 ora italiana – rilascerà la capsula con i campioni che entrerà in atmosfera a una velocità di oltre 40.000 km orari. Velocità che si ridurrà rapidamente per l’attrito fino a raggiungere, grazie all’apertura del paracadute, una velocità di poco meno di 18 km/h e finalmente toccare, alle 16.55 ora italiana, il suolo desertico dello Utah.
A guidare la sonda nel suo rientro sulla Terra ci pensa il sensore d’assetto stellare realizzato da Leonardo a Campi Bisenzio. A partire dal suo lancio nel 2016 e durante tutta la vita della missione, come una “bussola dello spazio”, il sensore d’assetto realizzato da Leonardo ha fornito i dati sulla posizione della sonda, grazie alla mappa stellare memorizzata nel suo software, che conta oltre 3.000 stelle: lo star tracker calcola in ogni istante – 10 volte in un secondo – l’orientamento del satellite fornendo al computer di bordo le informazioni per tenerlo sulla rotta prestabilita.
Inoltre, durante l’avvicinamento e la raccolta dei campioni del suolo nel 2020, il sensore d’assetto ha svolto un ruolo cruciale per il posizionamento accurato di Osiris-Rex rispetto all’asteroide Bennu. Il sensore ha infatti permesso di effettuare manovre di precisione per avvicinarsi alla sua superficie con cautela e poi ha contribuito a garantire una posizione stabile e sicura per la raccolta del materiale. Negli stabilimenti Leonardo del Regno Unito è stato realizzato il sensore infrarosso per lo strumento Thermal Emission Spectrometer (OTES), fornito all’Arizona State University (ASU), che ha permesso di contribuire a individuare i minerali presenti sull’asteroide, raccogliere dati termici e permettere agli scienziati di comprendere meglio la composizione di Bennu.
“Bennu è un asteroide di 500 metri di diametro, ricco di composti organici di cui il carbonio è l’elemento fondamentale, ha una superficie molto scura e che presenta una certa porosità, elemento questo che ha reso meno rischioso il touch and go per il prelievo dei campioni”, racconta Pajola. “Gli asteroidi come Bennu sono ricchi di composti organici e per questo riteniamo che abbiano favorito lo sviluppo della vita. Il valore aggiunto che l’analisi dei campioni di Bennu porterà alle nostre conoscenze – prosegue il ricercatore – deriva dal fatto che si tratta di un asteroide ‘primitivo’, cioè è un buon rappresentante di quei mattoni primordiali che hanno portato alla formazione di pianeti come la Terra. Di questi asteroidi primitivi abbiamo pochissimi campioni perché, proprio per la loro composizione friabile, quando precipitano, a contatto con l’atmosfera, si sbriciolano. Ecco dunque perché bisogna procurarseli in loco”. Una volta recuperata la capsula, i campioni saranno portati al Johnson Space Center della Nasa a Houston, in Texas, e potranno essere studiati da scienziati di tutto il mondo.
La sonda però non ha concluso il suo viaggio. Allontanatasi in sicurezza dalla Terra dopo aver consegnato il suo prezioso carico, la navicella si dirigerà verso il suo nuovo obiettivo: Apophis. A partire dal 2029 studierà questo asteroide roccioso, di circa 370 metri di diametro, destinato a compiere un sorvolo ravvicinato alla Terra. Nuovo obiettivo, nuovo nome: non più Osiris-Rex ma Osiris-Apex (Apophis Explorer).