Roma, 1 set. (askanews) – La missione Nasa della Crew-7, arrivata sulla stazione spaziale internazionale (Iss) il 27 agosto, porta con sé l’Università degli studi di Trieste. Alessandra Bosutti, del Dipartimento di Scienze della Vita dove svolge la sua attività di ricerca nel Laboratorio di biofisica e neurobiologia cellulare della prof.ssa Paola Lorenzon, è coordinatrice del progetto internazionale NIMAS (Neuromuscular electrical stimulation to enhance the exercise benefits for muscle functions during spaceflight). L’obiettivo – informa Units – è valutare se la stimolazione elettrica neuromuscolare possa essere uno strumento utile per un migliore adattamento del corpo umano nello spazio.
L’esposizione alla microgravità durante il volo spaziale porta a sostanziali processi di adattamento nel sistema muscolo-scheletrico degli astronauti, caratterizzati dalla perdita di massa muscolare e declino delle capacità di esercizio. Garantire il mantenimento della forza muscolare durante le missioni spaziali è necessario non solo per sostenere le attività extraveicolari degli astronauti, ma anche per assicurare loro un rapido ed efficiente recupero una volta rientrati sulla Terra.
La stimolazione elettrica neuromuscolare (NMES) – metodica non invasiva spesso accostata all’esercizio fisico tradizionale che, attraverso l’utilizzo di elettrodi posizionati sulla cute in corrispondenza del muscolo che si vuole attivare, simula l’impulso nervoso generato dal cervello – potrebbe essere promettente per potenziare gli effetti dell’allenamento in volo e per ridurre il tempo necessario per l’esercizio fisico quotidiano. In combinazione con le attività aerobiche e di resistenza, la NMES potrebbe infatti non solo migliorare la funzione muscolare ma anche consentire l’uso di attrezzature più piccole e leggere, riducendo così carico e peso complessivo a bordo. I risultati dello studio – prosegue Units – potrebbero essere applicati in futuri habitat a gravità ridotta sulla Luna, o più avanti su Marte, e avranno importanti ricadute anche sulla Terra per pazienti anziani o con ridotta mobilità. Effetti simili a quelli indotti dalla microgravità sugli astronauti si ritrovano infatti anche negli anziani e su coloro che per vari motivi non possono muoversi o esercitare il fisico in maniera adeguata.
“NIMAS è un esperimento sponsorizzato dall’Agenzia Spaziale Europea che stiamo conducendo in collaborazione con il nostro team internazionale di scienziati provenienti da Germania, Olanda, Svizzera e Regno Unito – spiega Alessandra Bosutti, coordinatrice del progetto – l’esperimento verrà sviluppato con fondi dall’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), Agenzia Spaziale Tedesca (DLR) e Inglese (UK Space Agency) e prevede di determinare sia l’efficacia della NMES nel contrastare il declino correlato alla permanenza nello spazio su massa, metabolismo e funzioni dei muscoli delle gambe degli astronauti, sia l’effetto generale su questi causato dal volo spaziale. Il progetto richiede misurazioni a Terra, prima e dopo il volo, relative all’attività delle funzioni neuromuscolari, alla microcircolazione e ossigenazione muscolare e alle variazioni della massa muscolare delle gambe. Saranno eseguiti anche alcuni prelievi di sangue a terra e a bordo dell’Iss per analisi molecolari”.