Beni e abiti di lusso nella casa dove risiedeva Matteo Messina Denaro – askanews.it

Beni e abiti di lusso nella casa dove risiedeva Matteo Messina Denaro

Roma, 17 gen. (askanews) – La casa a Campobello di Mazara, nel trapanese, dove si nascondeva il boss Matteo Messina Denaro e’ “l’abitazione di una persona che vive nell’agiatezza, con beni e abbigliamenti di qualita’. Immaginiamo tutto questo perche’ esercitando le funzioni di capo aveva anche l’esigenza di presentarsi in un certo modo”. Lo ha spiegato il comandante del Ros dei carabinieri Pasquale Angelosanto, a Rai News24. Il covo del boss, arrestato ieri in una clinica nel centro di Palermo, dopo 30 anni di latitanza, non e’ altro che un’abitazione normale, in una zona semicentrale del paese, il paese dove risiede Giovanni Luppino, l’autista arrestato insieme al capomafia, e dei documenti di Andrea Bonafede, l’identita’ (l’ultima?) utilizzata dal boss di Castelvetrano per accedere ai servizi sanitari di cui aveva bisogno per curare il tumore da cui e’ affetto. L’abitazione, ha detto il comandante dei carabinieri, “e’ stata presidiata tutta la notte e sono al lavoro i carabinieri del Ris per gli accertamenti tecnico-scientifici. L’abitazione andra’ ispezionata minuziosamente, individuati eventuali nascondigli, posti dove possono essere nascoste armi, documenti o valori: sara’ molto minuziosa, faremo una verifica molto approfondita”. “Quando noi sosteniamo che lo scopo principale di un’organizzazione mafiosa e’ quello di arricchirsi, quindi tutte le attivita’ lecite controllate o illecite sono finalizzate a questo, a fare profitto, e questi profitti si traducono anche nello stile di vita degli associati, in questo caso del capo della struttura trapanese di Cosa nostra”, ha concluso Angelosanto. Piu’ che un covo, in realta’, quello individuato e’ una vera e propria residenza: il procuratore di Palermo, Maurizio De Lucia, ha definito cosi’ il nascondiglio a Campobello di Mazara, nel Trapanese: “Non parlerei di covo, era la residenza di un soggetto che conduceva una vita normale e utilizzava quell’abitazione per vivere e come punto di partenza per recarsi poi a curarsi a Palermo”, ha spiegato il magistrato a Sky Tg24. “Un covo – ha precisato – e’ un’altra cosa, infatti le nostre indagini sono dirette a individuare eventuali possibili luoghi in cui possa esserci documentazione di interesse investigativo”. “Sul fatto che sia passato inosservato – ha aggiunto il capo della procura di Palermo – abbiamo delle riserve. Abbiamo raccolto segnalazioni sulla sua presenza un po’ in tutto il mondo in questi anni, mentre nei luoghi dove certamente si trovava nell’ultimo anno e mezzo-due anni non abbiamo ricevuto nessun segnale. Non ci aspettiamo chissa’ quale collaborazione in quella zona, pero’ e’ evidente che il livello di sicurezza e di agiatezze di cui ha goduto erano tali da mettere in bilancio un rischio molto limitato di essere identificato a Campobello”. Matteo Messina Denaro, ha proseguito De Lucia, “e’ un uomo vanitoso che si cura molto. Ma per lui il rischio di essere scoperto era oggettivamente limitato. Altri latitanti sarebbero stati lontanissimi dalla tentazione di farsi fotografare come invece lui ha fatto”. Messina Denaro si nascondeva infatti sotto il falso nome di Andrea Bonafede: “Ha operato un vero e proprio furto di identita’, nel senso che ha usato generalita’ e documenti intestati a Bonafede per tutte le sue attivita’: l’autovettura era intestata a Bonafede, la casa intestata a Bonafede, praticamente usava questo alias per tutte le proprie attivita’”. Sav/Fcz/Int14
Gen 17, 2023

Perquisizioni approfondite e accertamenti sui fiancheggiatori e la rete di affari. Il boss ora detenuto all’Aquila

Roma, 17 gen. (askanews) – La casa a Campobello di Mazara, nel trapanese, dove si nascondeva il boss Matteo Messina Denaro e’ “l’abitazione di una persona che vive nell’agiatezza, con beni e abbigliamenti di qualita’. Immaginiamo tutto questo perche’ esercitando le funzioni di capo aveva anche l’esigenza di presentarsi in un certo modo”. Lo ha spiegato il comandante del Ros dei carabinieri Pasquale Angelosanto, a Rai News24.

Il covo del boss, arrestato ieri in una clinica nel centro di Palermo, dopo 30 anni di latitanza, non e’ altro che un’abitazione normale, in una zona semicentrale del paese, il paese dove risiede Giovanni Luppino, l’autista arrestato insieme al capomafia, e dei documenti di Andrea Bonafede, l’identita’ (l’ultima?) utilizzata dal boss di Castelvetrano per accedere ai servizi sanitari di cui aveva bisogno per curare il tumore da cui e’ affetto.

L’abitazione, ha detto il comandante dei carabinieri, “e’ stata presidiata tutta la notte e sono al lavoro i carabinieri del Ris per gli accertamenti tecnico-scientifici. L’abitazione andra’ ispezionata minuziosamente, individuati eventuali nascondigli, posti dove possono essere nascoste armi, documenti o valori: sara’ molto minuziosa, faremo una verifica molto approfondita”.

“Quando noi sosteniamo che lo scopo principale di un’organizzazione mafiosa e’ quello di arricchirsi, quindi tutte le attivita’ lecite controllate o illecite sono finalizzate a questo, a fare profitto, e questi profitti si traducono anche nello stile di vita degli associati, in questo caso del capo della struttura trapanese di Cosa nostra”, ha concluso Angelosanto.

Piu’ che un covo, in realta’, quello individuato e’ una vera e propria residenza: il procuratore di Palermo, Maurizio De Lucia, ha definito cosi’ il nascondiglio a Campobello di Mazara, nel Trapanese: “Non parlerei di covo, era la residenza di un soggetto che conduceva una vita normale e utilizzava quell’abitazione per vivere e come punto di partenza per recarsi poi a curarsi a Palermo”, ha spiegato il magistrato a Sky Tg24.

“Un covo – ha precisato – e’ un’altra cosa, infatti le nostre indagini sono dirette a individuare eventuali possibili luoghi in cui possa esserci documentazione di interesse investigativo”.

“Sul fatto che sia passato inosservato – ha aggiunto il capo della procura di Palermo – abbiamo delle riserve. Abbiamo raccolto segnalazioni sulla sua presenza un po’ in tutto il mondo in questi anni, mentre nei luoghi dove certamente si trovava nell’ultimo anno e mezzo-due anni non abbiamo ricevuto nessun segnale. Non ci aspettiamo chissa’ quale collaborazione in quella zona, pero’ e’ evidente che il livello di sicurezza e di agiatezze di cui ha goduto erano tali da mettere in bilancio un rischio molto limitato di essere identificato a Campobello”.

Matteo Messina Denaro, ha proseguito De Lucia, “e’ un uomo vanitoso che si cura molto. Ma per lui il rischio di essere scoperto era oggettivamente limitato. Altri latitanti sarebbero stati lontanissimi dalla tentazione di farsi fotografare come invece lui ha fatto”. Messina Denaro si nascondeva infatti sotto il falso nome di Andrea Bonafede: “Ha operato un vero e proprio furto di identita’, nel senso che ha usato generalita’ e documenti intestati a Bonafede per tutte le sue attivita’: l’autovettura era intestata a Bonafede, la casa intestata a Bonafede, praticamente usava questo alias per tutte le proprie attivita’”.

Sav/Fcz/Int14