Vino, Sartor (Ruffino): 2022 a livelli pre-Covid, entro 2024 100% bio – askanews.it

Vino, Sartor (Ruffino): 2022 a livelli pre-Covid, entro 2024 100% bio

Ott 4, 2022
Milano, 4 ott. (askanews) – “La crisi sta arrivando quasi ovunque e i mesi che ci aspettano non saranno facili. Noi siamo ovunque posizionati su una fascia di prezzo alta, quindi meno soggetta ai cicli economici, ma se nei prossimi mesi prima di chiudere l’esercizio, riusciamo a fare i numeri dello scorso anno mi ritengo fortunato”. Lo ha detto il presidente e amministratore delegato di Ruffino, Sandro Sartor, che askanews ha incontrato a Milano nel corso dell’evento di presentazione della rinnovata etichetta della “Riserva Ducale Oro”, nell’ambito del restyling complessivo del logo e di tutti i vini dell’azienda.

“Questa estate la gente ha detto ‘alle bollette ci pensiamo da settembre’ e il turismo e’ andato molto bene con tanti turisti stranieri, compresi gli americani che hanno un potere di spesa non indifferente: questo ci ha permesso di avere numeri importanti ma temo sia stata una bolla che si sgonfiera’ e avremo qualche contraccolpo” ha spiegato Sartor, precisando che “essendo noi un brand molto sbilanciato sul consumo fuori casa (arriviamo al 50%, con un minimo che nei Paesi nordici si attesta intorno al 20%) fino ad oggi non abbiamo sentito molto questa crisi, perche’ in questi mesi quel canale e’ andato bene”. “Ad oggi – ha chiosato il presidente – i numeri sono superiori a quelli dell’anno scorso quando avevamo chiuso a 125 milioni di euro raggiungendo i livelli pre-Covid”.

Il 57enne manager torinese, alla guida di Ruffino dal 2011 quando la storica cantina toscana fu acquisita dalla multinazionale Usa “Constellation Brands”, tocca poi il tema della crisi nell’ottica di un’azienda che fattura per il 90% con l’estero. “A causa degli aumenti pazzeschi che abbiamo avuto – ha spiegato – siamo costretti ad aumentare i listini e questo nei Paesi europei sara’ traumatico perche’ avviene in un momento in cui la gente ha meno potere di acquisto”. Diverso il discorso degli Stati Uniti, dove il super dollaro e il posizionamento premium faranno da paracadute: “Grazie alla svalutazione dell’euro, il mio aumento sara’ ininfluente e il prezzo rimarra’ lo stesso – ha affermato Sartor – mentre i produttori statunitensi aumenteranno i prezzi a causa dell’inflazione e questo per noi sara’ un vantaggio che dobbiamo cercare di portare a casa”. “La crisi sta comunque arrivando anche li’ – ha proseguito il manager – e per le fasce di prezzo piu’ basse, sotto i 10 dollari a bottiglia per intenderci, ci sono gia’ importanti segnali negativi, fortunatamente noi siamo posizionati su fasce alte”.

Oggi il 51% dei vigneti toscani della cantina ha gia’ terminato il percorso di conversione a biologico (cosi’ come i circa 150 ettari in Veneto), ed entro la vendemmia del 2024 si completera’ definitivamente coprendo il 100% dei circa 600 ettari di superficie vitata. “A chi mi chiede se e’ stata una scelta economicamente vantaggiosa, io replico che non tutti i consumatori hanno capito lo sforzo fatto per passare al biologico ma questo non e’ certo una buona ragione per non farlo: se tutti quanti aspettiamo di avere un vantaggio economico per sganciarci dal gas in favore delle fonti rinnovabili, non lo faremo mai…” spiega Sartor, che sulla certificazione biologica all’estero evidenzia che “sul mercato del Nord Europa pesa tantissimo, ma ci metto anche la Germania dove sono molto sensibili al tema del bio e del sostenibile. In Canada stanno iniziando a capirlo, mentre negli Stati Uniti ancora molto poco – ha continuato – pero’ se i piu’ grandi vini dei piu’ qualificati produttori della Napa Valley sono tutti biologici, questo significa che la direzione e’ quella”.

Se Russia e Cina “sono mercati piu’ tattici che strategici perche’ non puoi farci affidamento a lungo termine”, un Paese sempre piu’ interessante e’ la Corea del Sud. “Li’ c’e’ un’economia molto sviluppata – racconta Sartor – un mercato senza grandi vincoli di carattere doganale e distributivo, e con un consumatore con un potere d’acquisto elevato che sta cercando di emanciparsi adottando prodotti di consumo importati, un trend molto simile a quello che abbiamo visto in Giappone 25-30 anni fa”.