Ristoratori del Buon Ricordo: asporto e delivery presa in giro – askanews.it

Ristoratori del Buon Ricordo: asporto e delivery presa in giro

Gen 11, 2021
Roma, 11 gen. (askanews) – “Asporto e delivery per le regioni arancioni e aperture solo a pranzo infrasettimanalmente per le regioni gialle sono delle prese in giro senza senso”. Così l’Unione Ristoranti del Buon Ricordo, la prima associazione fra ristoratori nata in Italia, nel 1964, di cui fanno parte un centinaio di locali, solleva nuovamente il problema delle criticità del settore e “la mancanza di chiari e concreti interventi e linee guida che possano scongiurare il tracollo dell’intero comparto”.

“Il primo grido d’allarme l’abbiamo lanciato lo scorso 30 marzo 2020. Il secondo è datato 22 aprile 2020. Il terzo, che speravamo fosse l’ultimo, il 16 maggio 2020. Ormai non c’è più tempo”, spiegano. “Abbiamo accettato anche il gioco dei colori, delle aperture e chiusure per salvare il Natale, poi per salvare gennaio. Purtroppo la realtà dei fatti ha dimostrato che non erano i locali pubblici i portatori di contagi. Tutti sappiamo che pranzare in un ristorante è più sicuro che farlo in una mensa aziendale”.

A pochi giorni dal nuovo Dpcm, che potrebbe prevedere una nuova stretta per il mondo della ristorazione, anche per quanto riguarda le attività di asporto dopo le 18, i ristoratori dell’Unione del Buon Ricordo spiegano: “il vaso è colmo. Ci mancava solo l’invito ad aprire le nostre attività per 2 giorni per poi chiuderle nel week end, per poi colorare di nuovo l’Italia di giallo e arancione limitando o vietando il nostro lavoro in modo quasi sadico, per completare la presa in giro. Chiediamo al governo – spiegano – fateci lavorare in sicurezza, ma con la possibilità di fare impresa oppure permettetteci di arrivare ancora vivi al momento della ripartenza con giusti ristori, non briciole. Asporto e delivery non fanno parte del DNA della grande ristorazione e della somministrazione in genere e chi lo ha fatto o lo sta facendo sa bene che non possono tenere in piedi un’azienda. In una situazione come quella che ci aspetta nelle prossime settimane la soluzione unica e più economica e che rispetterebbe la nostra dignità sarebbe una sola chiudere tutto”.