Roma, 7 apr. (askanews) – Pazienti fragili, con malattie rare o croniche, in attesa di interventi chirurgici che con la pandemia non solo hanno dovuto rinunciare alla loro routine di assistenza ospedaliera ma si sono anche visti rinviare a data da destinarsi interventi magari programmati da tempo. Un sondaggio, sulla sola patologia della parete addominale rivela che in trenta centri di eccellenza italiani in un solo anno sono stati eseguiti oltre 5.300 interventi in meno a causa del covid.
Se ne è parlato nell’ambito della due giorni della Winter School Mondosanità realizzata in collaborazione con Motore Sanità durante il Webinar “Il nuovo ‘disastro’ di parete: l’impatto della pandemia – Covid 19 sulla riparazione della Parete addominale”.
Dove per disastro di parete si intende una complicanza ad esempio di un’ernia addominale che, per la sua complessità, se trattata in ritardo o in maniera non corretta può incidere pesantemente sulla qualità di vita del paziente mettendola, in diversi casi, a rischio.
Spiega Micaela Piccoli, Direttore della Scuola Nazionale Acoi di Chirurgia Laparoscopica Mini-invasiva: “Tutti i pazienti chirurgici che devono sottoporsi a interventi programmati non oncologici, non urgenti e procrastinabili, stanno subendo gravi ritardi. Già prima della pandemia le liste d’attesa chirurgiche erano un problema cui non si dava adeguata risposta per mancanza di personale, soprattutto anestesiologico, infermieristico e chirurgico con la pandemia è un problema esploso nella sua più grande complessità.
“E’ un anno che parliamo solo di pazienti covid. Ma tutti gli altri cosa sono? La gente muore a casa di infarto, muore a casa di ictus o per urgenze chirurgiche, perchè ha paura di venire in ospedale. Perché ritiene gli ospedali non sicuri, contaminati”.
Secondo i dati, dopo una prima, una seconda ed ora una terza ondata, la riduzione dell’attività chirurgica, si è aggirata intorno al 50% gravando soprattutto su tutto ciò che viene giudicato come procrastinabile. Ma gli interventi mancati oggi rischiano di diventare le urgenze di domani.
Osserva Diego Cuccurullo, Presidente I.S.H.A.W.S, Società Italiana di Chirurgia dell’Ernia e della Parete Addominale: “Il paziente va incontro a situazioni molto invalidanti. Abbiamo non solo un intasamento ancor maggiore delle liste d’attesa, ma anche un aggravamento, perché ognuno di questi pazienti arriva con situazioni di patologie che si sono talmente aggravate da rendere insostenibile la propria vita e spesso anche l’intervento che il chirurgo deve effettuare”.
Che fare dunque?
“Dopo un anno – spiega Cuccurullo – bisogna capire come riorganizzare le strutture sanitarie, fare concorsi, assumere medici e infermiericercare di ottimizzare le risorse e magari anche avere una cabina di regia centrale che decisa per tutti senza che le regioni vadano per i fatti loro o per altre vie “.
“Abbiamo chiesto di istituire un tavolo nazionale – spiega ancora Micaela Piccoli – perchè questo è un problema nazionale”.
Sì perchè la situazione, già di per se abbastanza complessa, si aggrava di fronte alle iniziative dei diversi sistemi sanitari, uno per ogni regione.
“Bisogna – avverte Piccoli – che venga presa in mano a livello nazionale dando una road map che possa essere seguita dalle Regioni in modo tale da avere delle direttive che tutti siamo obbligati a rispettare per organizzare un nuovo sistema sanitario che vada molto più veloce di prima e con molto più spazi a disposizione, altrimenti non recupereremo mai un anno di fermo chirurgico”.
“Bisogna sentire i medici e i chirurghi – avverte ancora Cuccurullo – per capire quali sono le reali esigenze dei pazienti e a che punto siamo con le liste d’attesa”.
E Piccoli chiosa: “La prossima pandemia sarà quella dei pazienti chirurgici. Se non lo capiamo adesso sarà veramente un’altra strage”.