Palermo (askanews) – Ventisei anni dopo Palermo si è ritrovata ancora una volta in via D’Amelio per ricordare il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.
Sul palco allestito davanti all’albero che ricorda la strage di Via D’Amelio del 19 luglio 1992, sono saliti in tanti per testimoniare il proprio ricordo e la propria gratitudine verso chi ha sacrificato la propria vita per combattere la mafia, ma soprattutto per chiedere ancora una volta che sia fatta piena luce su una delle pagine più oscure della storia repubblicana.
“C’è ancora una verità da scoprire – ha detto il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede – lo Stato è impegnato, e deve impegnarsi ancora di più per scoprirla. È un diritto che hanno i familiari delle vittime della strage, è un diritto del popolo italiano. Un popolo se vuole pretendere un futuro di legalità
deve conoscere le verità del passato e c’è una parte importante e lunga della storia del Paese in cui le ombre sono tante, e abbiamo il dovere d’illuminare quella fase storica per capire cosa è successo veramente”.
Accorato anche il discorso di Salvatore Borsellino che parlando dal palco, mostrando un’agenda rossa simile a quella sulla quale suo fratello annotava i suoi appunti e misteriosamente sparita subito dopo l’attentato, ha fatto un esplicito riferimento alla trattativa Stato-mafia.
“Per anni – ha detto – quella trattativa che io ritengo essere stata la causa principale della morte di mio fratello, viene chiamata presunta, ipotetica, come una sceneggiatura scritta da qualcuno. Mio fratello è stato ucciso per quella trattativa, sacrificato sull’altare di quella trattativa. Mio fratello è come un soldato, andato in guerra a combattere un nemico. Il nemico era la mafia, quello era il nemico. Ma se fosse stato ucciso dal nemico non sarei qui, non ci sarebbe una via D’Amelio, non ci sarebbe nulla”.
Alle 16.58, orario della strage, è stato celebrato un minuto di silenzio interrotto soltanto dallo scandire dei nomi delle vittime dell’attentato e dalle note suonate da un giovane trombettiere.