Palermo (askanews) – “Mi preme ribadire questo aspetto, perché lo leggo unitamente a quelli che sono stati gli esiti di questo processo: 25 anni buttati al vento”.
Fiammetta Borsellino sceglie il 19 luglio 2017, giorno del 25esimo anniversario della strage di via D’Amelio, in cui fu ucciso il padre, il giudice antimafia Paolo Borsellino assieme ai 5 agenti della scorta, per denunciare come fino a oggi non si sia giunti ancora a una chiara verità su quanto accadde quel pomeriggio a Palermo.
“Non parlo di procura massonica – ha detto Fiammetta Borsellino – notoriamente il dottor Tinebra (ex capo della procura di Caltanissetta, oggi deceduto n.d.r.) si sapeva che avesse frequentazioni o appartenenze di questo tipo. Non mi risulta che ci siano mai state smentite in tal senso e ora mi preme ribadire questo aspetto perché lo leggo unitamente a quelli che sono stati gli esiti di questo processo”.
Fiammetta Borsellino è stata ascoltata dalla Commissione nazionale Antimafia alla Prefettura di Palermo e ha consegnato alcuni documenti in cui sono contenuti alcuni elementi che ritiene caratterizzanti questi 25 anni di processi sulla strage di via D’Amelio. Un quarto di secolo senza arrivare a una conclusione.
“Pentiti costruiti a tavolino tra lusinghe e torture – ha spiegato – condannati all’ergastolo ingiustamente ai quali tra l altro io, visto che non l’ha fatto chi lo doveva fare, chiedo pubblicamente scusa, per quello che si può definire uno dei più colossali errori giudiziari. Sicuramente ci sono state gravissime omissioni, errori, anomalie che non sta a me stabilire se sono frutto di colpa, di dolo, di inesperienza, l unica cosa che posso rilevare è che un eccidio come quello di via D Amelio non si meritava magistrati alle prime armi”.