Roma, 28 mag. (askanews) – Ogni singolo Paese dell’Ue ha diritto al rispetto delle proprie esigenze, delle proprie sensibilità, ma dall’ideale comunitario e dal processo di Unione, con oltre 500 milioni di abitanti “uniti nella diversità”, non si può tornare indietro.Lo ha detto a Londra, pronunciando un discorso di ampio respiro europeo, il Capo dello Stato Sergio Mattarella.Non si può mettere in discussione, ha affermato Mattarella, l’ideale comunitario, né pensare a un indebolimento dell’Ue con Paesi che – attraversati da demagogia e populismo – sviluppano le loro politiche nazionali in chiave antieuropea, facendo sventolare forte la bandiera dell’uscita dall’Unione.Contro tutto ciò, contro il fronte degli euroscettici che si radica in Spagna, in Polonia, in Grecia e, perchè no, anche in Gran Bretagna, l’unica risposta non può essere che “più Europa”, che si basa su “scelte strategiche e irreversibili per le quali decisioni coraggiose costituiscono investimenti vantaggiosi per il domani”.Un discorso che poteva essere derubricato ad un, seppure attento, riepilogo di quelli che sono i caposaldi del Mattarella europeista ma assume tutto un altro valore essendo stato pronunciato nella capitale di quel Regno Unito da sempre poco integrato nell’Ue (basti pensare al mantenimento della sterlina a fronte dell’introduzione dell’euro) e che fra poco più di un anno andrà al referendum per confermare o meno la sua presenza nell’Ue. Un Paese dove solo poche settimane fa il premier David Cameron ha ottenuto una schiacciante riconferma a Downing Street realizzata, fra l’altro, solleticando l’antieuropeismo di moltissimi cittadini britannici. Ecco allora che la lezione svolta da Mattarella nel pomeriggio alla London School of Economics – dall’eloquente titolo “La visione dell’Italia sull’Europa” – assume il valore di un serio invito alla Gran Bretagna a riflettere su ciò che in un prossimo futuro andrà a fare.Un atteggiamento, quello del capo dello Stato, peraltro coerente con quanto fatto e detto, sul tema europeo, sin dalla sua elezione. Le visite a Berlino e Parigi (le capitali forti dell’Unione), la visita a Bruxelles (la capitale dell’Ue), i viaggi nei Balcani (Slovenia e Croazia, giovani membri Ue, e Serbia e Montenegro, Paesi il cui ingresso nell’Unione è fortemente sostenuto dall’Italia) sembrano voler ricordare che il nostro Paese è “uno degli Stati fondatori del progetto europeo, avviatosi il 18 aprile 1951 con la firma del Trattato Istitutivo della Comunità del Carbone e dell’Acciaio”. Un progetto europeo che, nel corso degli anni, ha detto Mattarella quasi a volerlo ricordare ai britannici, “ha potuto avvalersi del valido apporto di tanti – e, certamente, del prezioso contributo di molti cittadini del Paese che oggi ci ospita”, a partire da Winston Churchill che parlò di “Stati Uniti d’Europa”. Lo “spirito europeo – ha sottolineato – non si è affievolito in questi anni per certi versi travagliati”, che hanno visto l’Europa “afflitta da problemi assillanti, tra cui una crisi economica che soltanto adesso, seppur lentamente, sembra in corso di superamento”. In ogni caso le perduranti difficoltà finanziarie e frizioni nella gestione della moneta unica dell’Eurozona, l’emergenza immigrazione, con le drammatiche tragedie di questi ultimi anni e il problema della sicurezza ai nostri confini, per Mattarella “rappresentano altrettante sfide per i Paesi dell’Unione e i loro cittadini”. A tutto questo “dobbiamo aggiungere un senso di latente sfiducia dell’opinione pubblica europea nei confronti delle istituzioni”, con uno “smarrimento, percepito in questi anni anche in ambienti tradizionalmente europeisti, per molti versi inedito”.Ecco allora che di fronte alle crisi finanziarie, alla “urgenza epocale” che deriva dall’immigrazione, ai dubbi in politica estera e di difesa le “singole visioni di breve periodo, da sole, non sono sufficienti”. Serve “più Europa”, serve una strategia, decisioni “irreversibili” per consolidare quel processo di integrazione politica necessario alla stabilità della stessa Ue.Smetterla poi di guardare a determinati dossier come qualcosa (anche qui forse un riferimento a Londra e ai suoi bracci di ferro durante i Consigli europei per sfilarsi da decisioni comunitarie) che possa dare “ritorni, benefici a livello nazionale”. E’ una “visione angusta”, ha detto Mattarella aggiungendo come “la contrapposizione tradizionale tra le politiche intergovernative e la spinta comunitaria” mostri poi sempre “tutta la sua sterilità”.Un progetto strategico per l’Europa del futuro è ovvio che debba però venire “declinato a seconda delle diverse sensibilità e situazioni che troviamo oggi nell’Unione”. Che, per semplificazione, riguardano i Paesi euro e quelli non euro (di cui fa parte Londra). “L’Unione – ha sottolineato Mattarella – deve guardare con rispetto e comprensione alle esigenze di ciascun Paese membro, ma nulla deve poter bloccare il processo di integrazione futura laddove questo diventi una necessità”.In ogni caso, ha rilevato il capo dello Stato, “le differenze di sensibilità vanno preservate, coltivate, utilizzate per arricchire la capacità di iniziativa dell’Unione. L’Europa non è uniforme né può uniformarsi ad un’unica dimensione, marginalizzando la ricchezza delle sue storiche diversità”. Per sua natura, “l’Europa è contraria al pensiero unico” ed è “in questa dialettica ampia che dobbiamo ritrovare la forza e la convinzione di obiettivi ambiziosi: un’Unione europea più efficace e rapida nelle scelte e più democratica nel controllo che su di esse viene esercitato; un’Europa che sappia rispettare i principi di sussidiarietà e di proporzionalità ma – ha precisato Mattarella – che continui a progredire verso una sempre maggiore coesione. Esperienze limitate alla mera attivazione di aree di libero scambio hanno già ampiamente dimostrato, nel passato anche recente, tutta la loro fragilità”.Mattarella ha concluso sostenendo che “oggi siamo quindi di fronte a cimenti rinnovati, ai quali apparirebbe inadeguato e quasi puerile far fronte con la fuga, tornando sui propri passi. Anche perché “soltanto una maggior integrazione può dar corpo per i Paesi europei alla possibilità di essere all’altezza del compito”.Red/Fdv