Teatro, Paolini attualizza l’Odissea ne “Il Calzolaio di Ulisse”

Il 27 e 28 luglio alle Orestiadi di Gibellina, in Sicilia

LUG 23, 2019 -

Roma, 23 lug. (askanews) – Le Orestiadi ospitano le uniche due date in Sicilia de “Nel tempo degli Dei – il calzolaio di Ulisse” di Marco Paolini e Francesco Niccolini (regia di Gabriele Vacis), con Marco Paolini e con Saba Anglana, Elisabetta Bosio, Vittorio Cerroni, Lorenzo Monguzzi, Elia Tapognani.

Lo spettacolo – in programma sabato 27 e domenica 28 luglio (alle 21.15 al Baglio di Stefano) a Gibellina, in provincia di Trapani – è prodotto da Jolefilm, Piccolo Teatro di Milano e Teatro d’Europa e “canta” le gesta di un Ulisse navigato e stanco di sangue, il quale racconta la sua avventura a un giovanissimo dio/pastore, un ragazzo di oggi, impaziente, curioso che vuole condividere sui social gli aspetti più “pulp” dell’avventura omerica.

Marco Paolini, in questa sua personale rilettura, attualizzazione, smitizzazione dell’Odissea, vuol raccontare un Ulisse saggio confuso e disorientato che ha bisogno di continuare a conoscere e capire, un uomo che forse non riuscirà mai a placare i vecchi e nuovi demoni che lo albergano, alla fine trionfa la stanchezza umana di Ulisse, la sua disillusione, la sua estenuante malinconia. Un canto che coinvolge musicisti e attori che è una riflessione sull’uomo e sul destino, sul restare umani e il senso del limite, sul sentirsi e essere déi, temi che permettono di trovare chiavi di contemporaneità forti ed evidenti.

“Ulisse più lo conosci e più ti porta lontano – ha spiegato Paolini – e la distanza (celeste e marina) è la condizione essenziale per comprenderlo e cantarlo. Perché di questo si tratta: un canto. Un canto che racconta di un ex guerriero ed eroe, Ulisse, ridotto a calzolaio viandante, che da dieci anni cammina verso non si sa dove con un remo in spalla, secondo la profezia che il fantasma di Tiresia, l’indovino cieco, gli fa nel suo viaggio nell’aldilà, narrato del X canto dell’Odissea. Questo Ulisse pellegrino e invecchiato non ama svelare la propria identità e tesse parole simili al vero. Si nasconde, racconta balle, si inventa storie alle quali non solo finisce col credere, ma che diventano realtà e addirittura mito. Ulisse, dopo un pianto liberatorio con il figlio Telemaco e una notte d’amore con Penelope, subito riparte perchè un destino già scritto e la volontà degli dei gli hanno imposto di massacrare i 108 giovani principi achei, che gli hanno invaso la casa, insidiato la moglie, e le 12 ancelle che agli invasori si sono concesse. Potrebbe dichiararsi innocente perchè così gli hanno dettato gli dei, che considerano quel sangue un rito sacrificale, ma Ulisse non ci sta. Impossibilitato a sottrarsi a quel destino di morte e violenza, e dopo essersi macchiato di quel sangue, ecco il colpo di scena: invece di godersi la vittoria con l’annessa protezione divina (Atena e Zeus sono al suo fianco a benedirlo prima, durante e dopo la strage), si autoinfligge la più dura delle punizioni e denuncia come crimine quello che gli dei dell’Olimpo considerano un’ecatombe, cioè il più grande sacrificio che un essere umano possa loro offrire. Così, dopo venti anni di assenza e disavventure, Ulisse si obbliga a un nuovo esilio. Rinuncia al governo, abbandona la famiglia e il regno, ma soprattutto abbandona gli de che lo vorrebbero trionfante e immortale: si rivolta contro i loro capricci, la loro ambigua volontà e non ha paura di pagare il prezzo della propria scelta. Questo e molto altro, sotto le mentite spoglie di un calzolaio – anzi, del calzolaio di Ulisse, uno straniero dai sandali sdruciti, indurito dagli anni, dall’età, dai viaggi e dai naufragi – racconta il protagonista ad un giovanissimo capraio incontrato apparentemente per caso”.