A settimana sociale di Taranto valutazione delle “buone pratiche”

Cooperazione tra diocesi società civile imprese e amministrazioni

OTT 22, 2021 -

Chiesa Taranto, 22 ott. (askanews) – L’Ecomuseo Ecopamar nel “mar piccolo” di Taranto, una società agricola che sorge nella Masseria del Duca di epoca medioevale, Serveco, a Martina Franca, il cantiere Superbonus 110% più grande d’Italia, l’innovativo Progetto agricolo e agroindustriale “Lome Super Fruit” a Castellaneta Marina, l’impianto di compostaggio Progeva. Sono le “buone pratiche” visitate dai delegati della Settimana sociale dei cattolici italiani, che si svolge in questi giorni a Taranto. “La Settimana Sociale vuole condividere i problemi della gente e, al contempo, portare avanti un’interlocuzione con la società e con il Parlamento italiano, partendo dall’ascolto della realtà e dalle buone pratiche sul territorio e coinvolgendo i giovani sul tema della sostenibilità ambientale”, ha detto Mons. Filippo Santoro, Arcivescovo di Taranto e Presidente del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane Sociali. L’idea della “buone pratiche” non è una novità assoluta alle Settimane sociali. Già a Cagliari, nel 2017, venne introdotto questo concetto per fare uscire la discussione dalla teoria. “La novità rispetto a Cagliari è che le buone pratiche vogliamo analizzarle, capirne i punti forti e i punti deboli”, ha detto l’economista Leonardo Becchetti, professore a Roma Tor Vergata. “Per questo abbiamo organizzato un sistema di auto valutazione partecipata. Sappiamo che i costi di certificazione sono molto elevati e abbiamo creato questo meccanismo, a cui segue una verifica da parte dei portatori di interesse”. L’economista spiega: “Abbiamo cercato di trarre dalle buone pratiche degli elementi comuni, in particolare la capacità di fare rete con altre organizzazioni del territorio, superando il ‘vorrei ma non posso’ tipico delle realtà troppo piccole”. Per superare il “missmatch” tra una domanda e un’offerta di lavoro che non si incontrano, e mettere in moto una cooperazione tra diocesi, imprese, società civile e amministrazioni che può contribuire a risollevare territori che soffrono. Sempre con il punto fermo, spiega Becchetti, di “non schizofrenici”: “Bisogna tenere insieme la dimensione economica, quella sociale, quella ambientale e, non da ultimo, quella della ricchezza del senso di vita”.