Renzi lontano dal Family day, su unioni civili Parlamento voti

Il premier si tiene distante dallo scontro. Guerini: "Ascoltiamo tutti, ma poi ci si assume responsabilità"

GEN 30, 2016 -

Roma, 30 gen. (askanews) – Alla fine lo scoglio del Family day Matteo Renzi lo ha evitato senza danni e non è un caso che l’input dato ai suoi è quello di confermare che sul ddl Cirinnà si va avanti, sia pure senza forzature. C’era poco Pd al Circo massimo, pochissimo, perlomeno se si guarda ai parlamentari democratici che si sono presentati, e lo stesso vale per il governo: Giuseppe Fioroni, Enrico Gasbarra, Simone Valiante a rappresentare l’ala cattolica Pd e il ministro Gian Luca Galletti “a titolo personale”. Assente Angelino Alfano, che pure ha voluto incontrare in mattinata il portavoce della manifestazione Massimo Gandolfini assicurandogli “pieno sostegno”, assente il ministro della Salute Beatrice Lorenzin.

Non solo, anche i numeri sono rassicuranti, assicura un renziano doc: i due milioni sbandierati dagli organizzatori fanno parte del solito rito, le presenze secondo i dati comunicati dalla questura non hanno superato le 300mila, ma al governo considerano il dato fin troppo generoso per uno spazio che fece registrare 71mila biglietti venduti per il concerto dei Rolling Stones ‘tutto esaurito’ di due anni fa. Per la piazza, ovviamente, c’è “rispetto”, “ascolto”, ma sul ddl Cirinnà si va avanti.

E’ Lorenzo Guerini, il vicesegretario del partito, a dare la linea ufficiale: “Compito della politica – ha aggiunto – è ascoltare tutti, confrontarsi con tutti e poi assumersi la responsabilità della decisione. Sulle unioni civili c’è e ci sarà un dibattito largo e approfondito e poi il Parlamento voterà”. Il premier, spiegano, non ha intenzione di deviare dalla strategia scelta: il governo resta fuori dalla vicenda, il Pd si attiene all’impianto originario del ddl Cirinnà, il Parlamento è sovrano e i parlamentari democratici avranno, ovviamente, libertà di coscienza.

L’obiettivo, viene sottolineato, è quello di arrivare all’approvazione della legge che “in vent’anni nessuno è riuscito a fare”, dice un parlamentare vicino a Renzi. Sarà poi il Parlamento a stabilire se ci sarà o no la stepchild adoption, ma l’importante è sancire diritti per le coppie di fatto, per le unioni omosessuali, come in tutta Europa.

Si vedrà se il fronte cattolico in aula riuscirà a cambiare il ddl o no, e molto dipenderà anche dal comportamento di Sel, M5s, laici di Fi e Ala di Denis Verdini. Renzi sa bene che approfittando del voto segreto i grillini, in teoria favorevoli alla legge, potrebbero unirsi ai cattolici dei vari partiti per fare uno sgambetto al Pd. Ma proprio per questo motivo il premier si tiene a distanza: un suo coinvolgimento in prima fila non farebbe che politicizzare ancora di più il voto. L’importante, ripetono i suoi, è approvare la legge che riconosce finalmente dei diritti.

I margini di mediazione sono strettissimi, di fatto sono quelli tracciati dagli emendamenti presentati da Giuseppe Lumia e Andrea Marcucci. Si può correggere qualche riferimento di troppo agli articoli della Costituzione che riguardano il matrimonio, sostiendoli con un rimando all’articolo 2 che “riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”. Si può anche modificare qualche passaggio del meccanismo della stepchild adoption inserendo un pre-affido e uno stringente controllo del giudice per scongiurare i rischi di utero in affitto. Ma, nella sostanza, l’impianto della legge resterà quello che è e il resto lo faranno i rapporti di forza in Aula.