Romania Bucarest, 24 mag. (askanews) – Bucarest, 24 mag. (askanews) – Si è parlato di guerra, di reshoring, di multilateralismo, di confini esterni dell’Ue e della Nato, di fianco Est, di rilancio degli investimenti, di Ucraina, di Russia, di rinnovabili e di gas. Argomenti interconnessi nello scacchiere internazionale della geopolitica e dell’economia globale e di cui si è dibattuto all’undicesimo Forum Economico di Confindustria Romania, “L’impresa del Futuro nel nuovo Ordine economico”, che ha dato la possibilità di approfondire le questioni del momento con uno sguardo critico ma propositivo rivolto al futuro. Un futuro in cui la Romania continua a vedere l’Italia come partner privilegiato, come ha voluto sottolineare il premier romeno Nicolae Ciuca nel suo intervento, inviato al Forum. “L’Italia è per noi un partner economico molto importante. Gli investimenti diretti italiani in Romania ammontano a nove miliardi di euro, al primo posto per numero e secondo per volume, dopo la Germania”, ha detto Ciuca sottolineando che chi vuole investire in Romania è supportato “dalle politiche del governo” che ha diversi programmi di sostegno e finanziamento. Il premier ha parlato anche della centralità della diaspora romena in Italia e del rientro di questa forza lavoro, tema che è tornato nel corso del pomeriggio di dibattito a Bucarest e che resta cruciale e su cui Confindustria Romania ha un focus con la partecipazione al gruppo di lavoro della Presidenza romena dedicato. “L’articolata vivacità dei programmi di sostegno agli investimenti per le imprese, messi in atto dal governo romeno, hanno aumentato di molto l’attrattività di investimento della Romania a favore non solo degli investitori ma anche dello sviluppo e della crescita del Paese oltre che della qualità della vita della popolazione. Auspichiamo, in quanto strategico per le nostre pianificazioni industriali e per gli investimenti, il mantenimento di un contesto fiscale stabile e prevedibile”, ha detto il presidente di Confindustria Romania Giulio Bertola nel corso del suo intervento. E sempre Bertola ha ribadito la centralità del tema “manodopera specializzata” anche per il futuro della Romania: “Siamo fermamente convinti che la Romania possa assumere un ruolo di leadership, tra i paesi dell’Est Europa, nell’intercettare il reshoring delle produzioni, non solo dai mercati asiatici per la componentistica ma anche dall’Ucraina e dalla Russia in vari settori, ecco perché il rientro in patria dei cittadini romeni della diaspora diventa fondamentale per affrontare la crescita produttiva del Paese che, come sappiamo, soffre di una grande mancanza di manodopera specializzata”. Del futuro delle relazioni tra Italia e Romania ha parlato anche l’ambasciatore d’Italia in Romania Alfredo Maria Durante. ‘L’Italia è il secondo cliente e fornitore della Romania, il quarto paese per stock di investimenti esteri diretti e il primo per numero investimenti alla luce dell’altissimo numero di imprese a capitale italiano in Romania”, ha spiegato. L’ambasciatore ha lanciato anche l’idea di un nuovo progetto, “uno studio dal taglio empirico che intende delineare lo sviluppo delle traiettorie di investimento a 30 anni dai primi insediamenti produttivi di Timisoara’, perché “occorre capire quali sono le potenzialità inespresse. Quindi faccio appello alle forze vive delle imprese italiane in Italia e in Romania per adottare un approccio strategico per guardare alla Romania non solamente come mercato ma come partner che ci può dare risposte di lungo termine”. Al termine dei saluti istituzionali in cui sono state ricordate e lodate anche alcune delle iniziative avviate da Confindustria Romania, come il sostegno alle istituzioni e alla popolazione nel periodo pandemico, attraverso la sottoscrizione del Protocollo con la Federazione Sanitas e la campagna choc, ripresa da molti media romeni e italiani, per la sensibilizzazione all’adesione al Piano vaccinale nazionale, o il Protocollo firmato tempestivamente da Confindustria Romania con Confindustria Ucraina per la delocalizzazione delle imprese ucraine sul territorio romeno, si è svolto il dibattito. Si è entrati così nel vivo delle tematiche lanciate dal Forum. Il presidente del Gruppo ERG Edoardo Garrone, che ha parlato della storia di trasformazione della sua società, agganciata per 70 anni al petrolio, alla sua raffinazione e distribuzione, che “nel 2006-2007 ha cambiato strategia e ha deciso di investire nell’energia rinnovabile, con una trasformazione totale in 10 anni. Tra i primi investimenti fuori dall’Italia abbiamo investito in Romania e in Bulgaria, esperienze in chiaro scuro”, ha ricordato Garrone. Un tema quello dell’energia che è stato approfondito con molte sfaccettature. Marius Bostan, fondatore di Repatriot, si è concentrato su un tema “spesso sottovalutato”, la potenzialità della Romania nel settore energetico. “La Romania può diventare esportatore di energia, non soltanto di gas, il nostro ruolo come Paese è stato sottostimato ma possiamo fare di più, anche con le energie rinnovabili e con il raddoppio dei reattori nel nucleare”, ha sottolineato. “L’era del gas russo a basso costo – ha spiegato dal canto suo Garrone – è finita, tutte le previsioni del 2022 e del 2023 prevedono che prezzo energia nei vari paesi sarà oltre i 150 euro megawatt/ora. Per questo bisogna investire per avere maggiore indipendenza e l’unica via nel medio termine sono le rinnovabili”. Un’altra prospettiva è stata offerta dal professor Vittorio Emanuele Parsi dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano secondo cui “l’alternativa è ripensare alla globalizzazione e prendere sul serio l’innovazione tecnologia, uscire dalla dittatura delle materie prime geolocalizzate, sostituendo artificialmente e sinteticamente tutto quello che si può sostituire”. Un tema su cui è tornato anche Adrian Dimache, da febbraio 2022 direttore di C.E.S.E.O, l’innovativo Centro Studi per l’Europa Orientale di Confindustria Romania. “Bolle molto in pentola, ci sono tanti livelli tecnologici che si stanno assemblando e che riplasmeranno il sistema economico. Abbiamo due grossi driver: la nanotecnologia e il calcolo quantistico, questi due elementi messi insieme saranno elementi di potere assoluto. Anche il petrolio può essere raffinato in altro modo, per esempio, con sistemi di digestione di batteri senza il sistema industriale”. In questo contesto di cambiamento, tornando al conflitto in Ucraina, Lara Tassan Zanin, responsabile per la Romania della Banca Europea per gli investimenti, ha illustrato come la Bei sia già entrata nel vivo delle operazioni di sostegno a Kiev: “Nelle prime due settimane del conflitto abbiamo erogato tutte le linee di credito accese senza verificare gli investimenti attuati come nella normalità dovrebbe avvenire. Successivamente abbiamo cercato di capire le esigenze primarie di ricostruzione e abbiamo già messo in moto gli strumenti per la ricostruzione dell’Ucraina. Si tratta di quattro miliardi, una parte andrà all’Ucraina, due miliardi, e una parte ai Paesi che accolgono i rifugiati. L’esperienza della pandemia ha dimostrato che dobbiamo farci trovare pronti quando l’Ucraina sarà pronta, perché fa la differenza”. Con il professor Parsi si è discusso anche della tempistica di questa guerra e delle ragioni. “Il recupero di uno status di potenza di primo livello è da ascrivere tra le motivazioni delle mosse di Putin, voler riposizionare Mosca tra le potenze di primo rango”. La Russia, infatti, per il professore, “se non cambia completamente è un Paese senza futuro, va avanti guardando indietro. La decisione di agire adesso invece che tra cinque anni è perché il ricatto energetico avrebbe funzionato di meno”. Per Dimache nello cartina della guerra adesso resta aperta la questione della Transnistria: “Ci aspettavamo che fosse il primo passo delle operazioni, con la riunione dalla Crimea, seguendo la logica lanciata dal 2008, fatta di semiguerre come in Georgia o in Donbass con operazioni ibride. Adesso mi aspetto che arrivi un congelamento del conflitto, perché Putin ha bisogno di un anno per rimettere a posto le questioni interne e arrivare al prossimo obiettivo, ma è strano che ce la faccia senza la Transnistria”. Un conflitto che sta mettendo a dura prova la tenuta occidentale e dell’Ue in particolare secondo il professor Parsi: “Questa crisi è estremamente seria, la più grande dalla fine della Guerra fredda, una crisi gigantesca, perché riporta la guerra nel centro d’Europa. Da come l’Occidente, la Nato, l’Ue, sapranno rispondere a questa crisi dipenderà non solo il futuro dell’Ucraina ma anche molto della possibilità di sopravvivenza dell’Ue stessa”, ha concluso. (di Daniela Mogavero)
Forum Economico a Bucarest: la Romania tra fianco Est e reshoring con la sfida al gas russo
L'appuntamento di Confindustria Romania e il futuro delle imprese italiane