Ucraina, la guerra spacca in modo irreversibile chiesa ortodossa

Sandri: Mosca o Costantinopoli, equidistanza difficile per Roma

MAR 30, 2022 -

Ucraina Città del Vaticano, 30 mar. (askanews) – ‘Questa guerra maledetta spaccherà in modo irreversibile l’ortodossia e di conseguenza creerà grossi problemi a Roma’. Ne è convinto Luigi Sandri, giornalista e storico, grande esperto di Chiese d’Oriente. ‘Io credo che politicamente Putin sia finito, anche se è possibile che rimanga ancora anni al potere’, afferma Sandri, ‘ed è finito il patriarca Kirill’, che prima o poi dovrà affrontare il ‘giudizio universale’ quando si riunirà il concilio episcopale, ora rinviato, e rispondere alle critiche dei metropoliti che in queste settimana hanno denunciato la guerra russa e in futuro domanderanno: ‘Chi è stato Caino?’. Accreditato alla sala stampa della Santa Sede dal 1969, corrispondente nel corso della sua lunga carriera a Ginevra, Belgrado, Città del Messico, Parigi, Londra nonché a Mosca (1990-1993) e Tel Aviv (1993-1994), Luigi Sandri ha seguito da vicino le convulsioni degli ultimi anni in seno all’Ortodossia viaggiando e intervistando i protagonisti a Istanbul, Kiev, Mosca. ‘Michail Gorbaciov aveva capito tutto’, racconta. ‘Ero in Russia quando, nel 1988, l’Unione sovietica celebrò ufficialmente il millennio dal battesimo della Rus”. E’ a Kiev, secondo la tradizione, che iniziò l’evangelizzazione di queste terre. ‘Gorbaciov ricevette il cardinale Agostino Casaroli, allora Segretario di Stato vaticano. I metropoliti, che non erano abituati, quando vennero ricevuti al Cremlino nell’aprile 1988 credevano di sognare! E per celebrare degnamente questa ricorrenza, lo Stato fece in contemporanea alcuni grandi eventi in diverse città Mosca, Leningrado, Kiev. Io andai a Leningrado, dove venne l’allora arcivescovo di Milano, il cardinale Carlo Maria Martini. Il partito comunista ci pagò il viaggio, io non pagai neanche una lira, ed eravamo almeno cinquecento giornalisti a spese del governo sovietico. L’evento di Lenigrado si svolse nella cattedrale di Sant’Isacco. A un certo punto, all’improvviso, uno dei metropoliti presenti cominciò a intonare il canto di Pasqua, ‘Cristo è risorto, è risorto dai morti, alleluja’… All’inizio furono colti tutti di sorpresa: la cattedrale in epoca sovietica era stata trasformata in museo dell’ateismo! Vidi un guardiano anziano che cominciò a piangere: mi spiegò: questo cantavamo quando eravamo piccoli con mia nonna. Gorbaciov aveva capito: l’obiettivo politico era dire che l’Urss era cambiata, era ammettere, senza dirlo, che aveva sbagliato’. Che la persecuzione della Chiesa ortodossa era una cosa del passato e ora ‘bisognava far rivivere la cosiddetta sinfonia, ossia l’ideologia che ha retto per secoli il potere bizantino: ci sono due poteri, il patriarca e l’imperatore, e devono collaborare’, spiega Sandri. Una linea che, in qualche modo, giunge sino allo stretto legame che impedisce oggi, al patriarca di Mosca e di tutte le Russie Kirill, di sganciarsi dal presidente russo Putin: ‘Gorbachev prima, poi Eltsin e ancor più Putin hanno compiuto una sorta di restituzione dopo i decenni delle persecuzioni. Ora il patriarcato e il Cremlino convergono sull’idea che l’ortodossia è l’anima della Russia. E questo ha impedito un atteggiamento critico da parte di Kirill’. Nel frattempo, però, le tensioni all’interno dell’Ortodossia si sono acuite, in particolare tra i due poli principali, il patriarca ‘ecumenico’ di Costantinopoli, Bartolomeo, ‘primus inter pares’ delle quattordici Chiese ortodosse, e il patriarca di Mosca e di tutte le Russie, Kirill, a capo della Chiesa numericamente più grande. Il primo scossone a questo già fragile equilibro è arrivato nel 2016. Dopo cinquant’anni di preparazione, Bartolomeo convoca un concilio pan-ortodosso. Doveva tenersi al Fanar, quartiere di Istanbul, sede del patriarcato ecumenito, ma il 24 novembre 2015 un cacciabombardiere russo che volava nello spazio aereo turco fu abbattuto da Ankara. Putin proibì viaggi di russi in Turchia. Per evitare la defezione del patriarca russo, si decise di spostare la sede dell’incontro a Creta, e si fissò la data al giugno 2016. Ma nell’imminenza dell’assemblea, quattro patriarcati – russo, bulgaro, georgiano e antiocheno – annunciarono che non avrebbero comunque partecipato. ‘Ero lì’, racconta Sandri, ‘e a quel punto il concilio era un’anatra azzoppata. Fu una tragedia ecclesiale. E’ come se la Chiesa cattolica facesse un Concilio e mancassero paesi come Stati Uniti e Brasile’. Il sottofondo della defezione, spiega l’esperto, ‘è che, secondo Mosca, Costantinopoli non vuole essere ‘primus inter pares’ ma ‘primus super paribus’: l’accusa di Mosca, cioè, è che Bartolomeo vuole fare il papa degli ortodossi’. Pochi anni dopo, il secondo scossone: ‘Secondo alcuni autori, l’idea di Bartolomeo di concedere l’autocefalia all’Ucraina all’Ucraina è una sorta di vendetta per Creta’. A differenza della Chiesa cattolica, come è noto, la Chiesa ortodossa, separata da Roma dal 1054, è distinta in diverse giurisdizioni che godono ognuna dell’autonomia di governo (‘autocefalia’). Ora, con il collasso dell’Unione sovietica l’ortodossia ucraina si era spaccata in tre: una Chiesa ortodossa legata a Mosca, e altre due Chiese (Chiesa autocefala, guidata da Epifanyj, e patriarcato di Kiev, guidato allora da Filaret), sino a quel momento non riconosciute da altri patriarchi ortodossi, che però guardavano a Costantinopoli. La richiesta di riconoscere la ‘autocefalia’ di una Chiesa ortodossa ucraina, in cui potessero convergere le due Chiese non legate a Mosca, fu fortemente sostenuta da Kyiv, e in particolare dall’allora presidente Petro Poroshenko. E fu sempre osteggiata da Mosca – sia da Kirill che da Putin – che vi intravidero una manovra occidentale. Il 6 gennaio del 2019, alla fine, nella Cattedrale di San Giorgio a Istanbul, il patriarca Bartolomeo ha presentato il Tomos – il documento che concede l’autocefalia alla Chiesa ortodossa ucraina – al suo nuovo capo, il metropolita di Kyiv e di tutta l’Ucraina Epifanyj (Dumenko). ‘A spingere Bartolomeo c’è stato il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che voleva creare problemi alla Russia’, analizza oggi Sandri. Quanto a Bartolomeo, ‘in Turchia oggi gli ortodossi greci saranno a dir tanto cinquemila, tanti quanti, per dire, i fedeli della parrocchia di San Giuseppe al Trionfale a Roma. Molti, inoltre, se ne vanno senza essere sostituiti da nessuno. In prospettiva il patriarca di Cosntantinopoli in patria non avrà quasi più nessuno’. E così è nata l’idea di estendersi in Ucraina. ‘Bartolomeo ha irrobustito l’istituzione del patriarcato di Costantinopoli’. La reazione di Mosca è stata dura: ‘Per i russi, è stato uno scisma, provocato da Bartolomeo. Da quel giorno il suo nome non viene più commemorato nelle Chiese russe al momento di nominare il nome di tutti i patriarchi delle altre Chiese ortodosse’. In questo contesto già frastagliato e problematico è arrivata la guerra di Putin. ‘A cominciare dal 24 febbraio del 2022, con l’inizio dell’invasione dell’Ucraina, tutte le diverse Chiese ortodosse hanno dovuto pronunciarsi’. La Chiesa ortodossa ucraina legata al patriarcato di Mosca ha criticato apertamente sia Putin che Kirill: il metropolita Onufryj (Berezovskij) ha evocato l’omicidio biblico di Abele da parte del fratello Caino. Io credo che politicamente Putin sia finito, anche se è possibile che rimanga ancora anni al potere, ed è finito il patriarca Kirill’, afferma Sandri, che spiega: ‘Quando in Russia tornano i corpi dei soldati morti, quando la vecchietta va al mercato e un chilo di pane che pagava 10 rubli lo deve pagare 100 rubli e magari è tutta la sua pensione, le persone apriranno gli occhi. A livello popolare ci sarà un prezzo altissimo da pagare, e a un certo punto ci si farà la domanda: chi ha provocato tutto ciò? Dal Cremlino diranno che sono stati gli ucraini, e la Russia ha le sue ragioni, ma rimane la domanda: era necessario fare la guerra? Chi paga questa guerra – perché la Russia avrà cento anni di spese per questa guerra? Vladimir Putin potrà pure restare al potere, ma a mio avviso non potrà resistere all’infinito, e dovrà rispondere alla domanda: perché tutti questi morti?’ Discorso analogo, spiega Sandri, per il patriarca russo. Non solo perché se a causa della guerra la Chiesa ortodossa russa sinora fedele a Mosca si staccasse dal patriarcato russo, questo perderebbe un terzo dei suoi fedeli e si vedrebbe fortemente ridotto. Non solo perché i fuoriusciti potrebbero convergere con la Chiesa autocefala ucraina, o costituire una loro Chiesa autocefala, moltiplicando la frammentazione ortodossa. Il tema, soprattutto, è politico: ‘Quel che accadrà non lo sa nessuno, neanche loro, ma la domanda si porrà’, spiega Sandri: ‘Perché il patriarca non si è esposto? Perché non ha chiamato ‘guerra’ quella che ha definito, anche lui, una ‘operazione militare speciale’? Bisognerà dare conto dei morti, dei feriti, delle violenze, dei danni: questo sangue grida vendetta: chi risponde? Come fai a fare una santa liturgia sulla quale grava tutto sangue, senza rispondere alla domanda: chi è stato Caino?’. Il giornalista spiega: ‘Quando finalmente si terrà il concilio episcopale con tutti i vescovi legati al patriarcato di Mosca, compresi quelli dell’Ucraina, dei paesi baltici, della Bielorussia e della Moldavia, il nodo verrà al pettine, e sono sicuro che ci sarà un dissenso dalla linea di Kirill. Non è mai successo nella storia post-sovietica della Chiesa. Credo che Kirill dovrà rispondere a domande difficili: gli chiederanno perché non hai condannato questa guerra. Non ci sarà più l’unanimità, e non su una questione strettamente religiosa, teologica. Il punto che spacca la Chiesa è politico: questa guerra era morale o no? La Chiesa prega per i soldati russi, ma chi li ha mandati a morire? Il giorno che si terrà il concilio plenario dei vescovi, che adesso è stato rimandato ‘a causa della pandemia e di altri problemi’, arriveranno le contestazioni. Quello sarà il giorno del giudizio universale per il patriarca russo’. L’ortodossia ‘si potrebbe ricomporre con un Concilio, ma un Concilio deve essere convocato da Costantinopoli con l’accordo di tutte le altre Chiese, cosa che oggi sembra quasi impossibile’, afferma Luigi Sandri: ‘Quello che io spero possa salvare l’ortodossia, come è sempre stato nella storia, è la povera gente: i fedeli che non conoscono neppure le diatribe e le sottigliezze. Spero che la forza, il coraggio, la passione della gente semplice farà il miracolo di superare questo intrico di problemi storici, psicologici, morali, anche personali’. Quanto al Papa, ‘se la prima Roma, cioè il Papa, si allea con Costantinopoli, la seconda Roma, dovrebbe dare l’addio a Mosca, la terza Roma, per mille anni… Se per ipotesi facesse il contrario, dovrebbe dire addio al rapporto con Costantinopoli, e ai paesi ad essa legati: basti pensare alla forte immigrazione greca negli Stati Uniti…’, conclude Sandri. Prevedibilmente, ‘la Santa Sede cercherà di rimanere equidistante, ma non potrà farlo all’infinto. E’ la croce del papa: non è colpa sua, né sua né dei successori, ma sarà difficile sottrarsi alla logica del ‘se tu sei suo amico, sei mio nemico’. E’ difficile stare ‘super partes’ con una guerra. C’è il sangue di Abele che grida vendetta, c’è la questione: chi è Caino? Questa domanda pesa sul cuore di Franceso, pesa sul cuore di Bartolomeo, pesa sul cuore di Kirill, in modi diversi, e la risposta a questa domanda è tremenda perché è difficile dare una risposta che non spacchi l’ortodossia’.