Soleterre: in Uganda aumentano contagi e morti tra i sanitari

E manca ossigeno. L'allarme della ong che opera sul campo

LUG 6, 2021 -

Coronavirus Roma, 6 lug. (askanews) – In Uganda, nell’ultimo mese, il Covid-19 ha provocato più vittime rispetto all’intero anno precedente: dei 954 morti dall’inizio della pandemia, 594 sono stati registrati solo nel mese di giugno. La situazione contagi è allarmante: i 33.158 nuovi casi registrati a Giugno corrispondono al 42% di tutti i casi registrati dall’inizio della pandemia (che ammontano a 79.089). Ad oggi sono state somministrate circa 1 milione di dosi di vaccino, ma soltanto 4.129 persone (lo 0,01% della popolazione) hanno ricevuto le due dosi previste (Fonte: Johns Hopkins, 2021). E’ l’allarme lanciato dalla Fondazione Soleterre. Nel Nord Uganda la situazione è simile a quella del resto del Paese: nell’ultimo mese sono stati confermati 266 casi, ma il loro numero è in crescita e sta mettendo in serio affanno le strutture sanitarie. Sono due, nella sub-regione di Acholi, gli ospedali attrezzati per accogliere i casi più gravi che necessitano di cure intensive: il Gulu Regional Referral Hospital (GRRH) e il Lacor Hospital. Ma i pochi posti di terapia intensiva presenti (12 al GRRH e 4 al Lacor Hospital a cui se necessario se ne possono aggiungere altri 8) sono pieni e l’ossigeno scarseggia. Fondazione Soleterre, ONG che opera nel Paese dal 2011 con progetti di prevenzione, assistenza sanitaria, accoglienza di bambini oncologici, malnutriti o con altre patologie proprio nel Nord Uganda, fa sapere che il proprio staff locale e i partner con cui collabora sono in grave difficoltà. “Il personale sanitario e gli psicologi che stanno lavorando senza sosta sono insufficienti e rischiano il burn-out. Già molti colleghi – proprio in queste ore una pediatra del GRRH e una psicologa sul campo – sono deceduti a causa di complicazioni legate al Covid-19. Nelle ultime settimane circa 20 tra medici e infermieri dell’ospedale hanno contratto il virus durante il turno di lavoro. Siamo molto preoccupati perché il virus sembra colpire maggiormente la fascia d’età 20-39 anni e abbiamo bisogno di più risorse per proteggere il personale impegnato nella prima linea. Servono al più presto Dispositivi di Protezione Individuale (DPI), ossigeno, personale infermieristico e psicologi per poter operare in maniera adeguata, fermare i contagi ed essere di sostegno emotivo a chi è terrorizzato dalla situazione”, avverte Adrian Ssali, Rappresentante Paese di Fondazione Soleterre. È questo l’appello lanciato da Fondazione Soleterre, che in loco lavora con la Fondazione Corti presso il Lacor hospital e la Fondazione Raffaella Children’s Block presso il GRRH. È possibile aiutare a rispondere all’emergenza Covid-19 in Uganda con una donazione urgente intestata a Soleterre, IBAN IT88Q0503401699000000013880, causale “Emergenza Uganda”. Fondazione Soleterre, a seguito di questa nuova impennata di casi, si è subito attivata per rafforzare le risorse già dispiegate l’anno scorso per fronteggiare l’emergenza nelle strutture ospedaliere in cui lavora, ma ancora molto c’è da fare: ad oggi ha assistito oltre 200 pazienti e 80 operatori sanitari attraverso la mobilitazione di 4 psicologi che alternano il loro lavoro nella prima linea dell’emergenza al GRRH e al Lacor Hospital. Uno di loro riferisce: “Si vive un clima di paura diffusa e protratta nel tempo. Noi psicologi cerchiamo di aiutare pazienti, loro familiari e personale sanitario a trovare le risorse mentali per far fronte al trauma della malattia, che sempre più spesso si rivela fatale. Purtroppo le misure di autoisolamento a cui sono costrette le persone positive stanno avendo conseguenze negative sulla salute mentale della popolazione”. Il tema del supporto psicologico è particolarmente sentito da Fondazione Soleterre, che in Italia è stata tra le prime realtà a garantire assistenza psicologica nella prima linea dei reparti Covid-19 a pazienti e personale sanitario, con un progetto avviato in piena emergenza presso il Policlinico San Matteo di Pavia e poi esteso in 14 regioni italiane grazie alla mobilitazione di una rete nazionale di psicologi.