Aperta in Myanmar storica conferenza pace con gruppi etnici

Aung San Suu Kyi: senza riconciliazione nazionale non ci sarà pace

AGO 31, 2016 -

Roma, 31 ago. (askanews) – E’ iniziata oggi in Myanmar la conferenza di pace di Naypyidaw che punta a porre termine ai conflitti etnici che continuano a rendere instabili parte dell’ex Birmania in un momento in cui un nuovo governo civile, guidato di fatto dalla premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi, tenta di guidare una complessa transizione democratica dopo decenni di giunta militare.

Nella sala conferenze della capitale formale del paese, piena di colori, si sono riunite le delegazioni dei molti gruppi etnici birmani con i rappresentanti militari per cercare di trovare un difficile equilibrio, nonostante le tensioni che ancora nei giorni scorsi hanno messo a rischio questa riunione.

“Finché non riusciremo a raggiungere una riconciliazione nazionale e un’unità, non potremo mai essere in grado di stablire un’unione pacifica, durevole e sostenibile”, ha detto la leader ai delegati. “Solo se saremo tutti uniti – ha continuato – daremo al nostro paese la pace. Solo se il nostro paese sarà in pace, riuscirà a mettersi sullo stesso piano con gli altri paesi nella nostra regione e nel mondo”.

Il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, che prende parte ai colloqui, ha descritto la riunione come un momento “storico” per il paese. “La lunga guerra civile è costata numerose vive e ha derubato a diverse generazioni la loro dignità, tranquillità e normalità”, ha detto il capo del Palazzo di Vetro. “E’ ora chiaro – ha aggiunto – che non può esserci soluzione militare alle vostre differenze”.

Pochi si aspettano un accordo decisivo dai negoziati, che dureranno cinque giorni. Diciassette gruppi ribelli partecipano ai negoziati, ma ci sono anche gruppi che non hanno consegnato le armi e continuano a restare impegnati nel conflitto.

Il ministro degli Esteri dell’Unione europea Federica Mogherini ha chiesto ai negoziatori di cercare “una nuova strada verso una pace sostenibile, un sviluppo equo e un’ampio consolidamento del processo di riforma democratica”. Anche gli Usa sostengono i negoziati, definendoli un “importante processo verso una pace duratura”.

(Fonte Afp)