Del Vecchio e la finanza,in sospeso le partite Generali-Mediobanca

Carattere forte, non le mandava a dire a figure apicali

GIU 27, 2022 -

Del Vecchio Milano, 27 giu. (askanews) – Non solo industria, ma anche alta finanza tra gli interessi di Leonardo Del Vecchio e nel portafoglio azionario della sua finanziaria di famiglia, la Delfin. Partecipazioni considerate comunque sempre con un’ottica di tipo industriale e di lungo termine, non alla “mordi e fuggi”. I pacchetti più importanti quelli detenuti in Generali (oltre il 9%) e come primo azionista di Mediobanca (19,4%), a sua volta primo azionista del Leone di Trieste. Oltre a quello in UniCredit (1,9%). La scomparsa del magnate fondatore di Luxottica lascia in sospeso i fronti caldi riguardo alla governance delle prime due società citate, aperti già da tempo in tandem con un altro noto imprenditore italiano, Francesco Gaetano Caltagirone e in contrapposizione rispetto all’Ad di piazzetta Cuccia, Alberto Nagel. Tanto che, di fronte a un nuovo e incerto scenario, le quotazioni dei titoli di Generali e Mediobanca hanno risentito sensibilmente della notizia della morte di Del Vecchio. Generali oggi è sceso fino a toccare un minimo intra-day di 15,52 euro e ha chiuso in calo del 3% a 15,535 euro. Mediobanca ha perso il 2,16% a 8,442 euro dopo aver segnato un minimo a 8,248 euro. Carattere forte e parlantina dritta al punto. Dalla propria posizione di enorme ricchezza conquistata con le sue sole forze partendo dal nulla fino a diventare il secondo uomo più ricco d’Italia, Leonardo Del Vecchio non era certo uno che le mandasse a dire o esitasse a togliersi sassolini dalle scarpe. In diverse occasioni ha vivacizzato le noiose cronache finanziarie lanciando frecciate e stoccate a questo o quel pur potente uomo di finanza, se in disaccordo con la linea gestionale degli asset partecipati. O anche complimenti articolati, per essere da pungolo a far meglio, dal suo punto di vista. Un esempio, le parole dirette a suo tempo al successore di Alessandro Profumo alla guida di UniCredit, Federico Ghizzoni, a suo dire “un bravo banchiere”, tuttavia secondo Del Vecchio la banca avrebbe dovuto intraprendere “un nuovo cammino” e “solo a Milano” avrebbe dovuto “chiudere centinaia di filiali inutili”. Indimenticabili, poi, le parole taglienti indirizzate nel 2011 all’allora presidente di Generali (ed ex banchiere) Cesare Geronzi, ritenuto “reo” di sconfinamento nell’area dei poteri propri della figura di un Ad (all’epoca per Generali lo era Giovanni Perissinotto). Frizioni sulla governance che nel febbraio di quell’anno portarono Del Vecchio a lasciare polemicamente il cda del Leone, di cui era consigliere d’amministrazione, ma anche all’uscita di scena di Geronzi nell’aprile successivo. Circostanze che videro Del Vecchio già allineato fin d’allora con Francesco Gaetano Caltagirone, ma – in quel caso almeno – in sintonia anche con Nagel. Tornando all’oggi, all’assemblea di Generali dell’aprile scorso ha prevalso la linea Nagel, con la vittoria della lista presentata dal board uscente oper la nomina del nuovo cda. Chissà se Del Vecchio avrebbe tentato l’affondo anche in casa Mediobanca, il cui cda dovrà essere interamente rinnovato all’assemblea di ottobre 2023, oppure se con il management di piazzetta Cuccia avrebbe fatto “pace”. Il pallino, anche su questi temi, passerà agli eredi. Ciascuno dei sei figli avuti da Del Vecchio con tre diverse mogli (Claudio, Marisa, Paola, Leonardo Maria, Luca e Clemente) detiene una quota del 12,5% di Delfin, il restante 25% era in mano allo stesso Del Vecchio ed è previsto che passi alla moglie, Nicoletta Zampillo.