Riuso: un mercato da 24 mld ma serve quadro normativo

Appello al Governo per nuove politiche fiscali e incentivi

APR 15, 2021 -

Roma, 15 apr. (askanews) – Nonostante il mercato dell’usato valga già oggi – senza incentivi legati alla riduzione dei rifiuti, e nonostante i limiti normativi – 24 miliardi di euro l’anno (1,3% del PIL), occupi 80 mila addetti e consenta di evitare 4,5 milioni di tonnellate di CO2, da oltre 10 anni si attende il decreto ministeriale per la preparazione al riutilizzo, previsto in attuazione della direttiva quadro sui rifiuti dal decreto legislativo 205/2010. È quanto denuncia EconomiaCircolare.com, web magazine sulle sfide della transizione ecologica, promosso dal Cdca e da Erion Compliance Organization. L’appello e la speranza è che il Ministero per la Transizione Ecologica, tramite il Programma Nazionale di Prevenzione dei Rifiuti, riduca gli ostacoli e liberi le potenzialità del settore incentivando la diffusione di buone pratiche a livello regionale e locale sia dal punto di vista del cittadino, sia delle imprese (dai centri del riuso ai repair cafè alle aree di libero scambio dove i cittadini possano mettere in vendita i propri beni usati). Essenziali sarebbero alcune misure: dall’introduzione di norme coerenti a livello nazionale (nel milanese, ad esempio, chi vuole aprire un negozio dell’usato deve fare il corso da agente immobiliare), a politiche fiscali mirate, come l’abbattimento dell’Iva (pagata oggi due volte per i beni usati, al momento della vendita come nuovi e di nuovo quando sono rivenduti nei mercatini), la riduzione della tassa sui rifiuti, o sgravi fiscali sul modello svedese per chi dimostra di aver fatto riparare un bene e ancora forme di incentivazione economica che riconoscano il valore ambientale del riuso. “Mentre la pandemia manda in sofferenza l’economia e le famiglie – dice Raffaele Lupoli, direttore di EconomiaCircolare.com – il riuso ha sicuramente le carte in regola per essere uno degli attori della ripartenza e della resilienza del Paese, col suo impatto in termini ambientali, economici e sociali. L’idea che ci siamo fatti approfondendo il tema è che c’è una parte di questo settore a forte vocazione sociale e solidale che deve avere la possibilità di mantenere queste caratteristiche, ma dall’altra parte c’è un potenziale ancora inespresso di creazione di valore e di occupazione, in piena coerenza con le indicazioni europee che ci impongono ormai di puntare prioritariamente l’attenzione sulla necessità di allungare il più possibile la vita dei prodotti, di poterli riparare e reimmettere sul mercato, riducendo la quantità di rifiuti in circolazione e il ricorso a discariche e inceneritori”. I beni più presenti nei centri del riuso italiani sono abiti, mobili, biciclette, elettrodomestici ed apparecchi elettronici, giochi e libri. In sei centri su 10 si offrono anche servizi di riparazione: soprattutto restauro di mobili (26%), ciclofficine (18%), riparazione di elettrodomestici (11%), piccoli lavori di sartoria (5%).