Sandulli (Luiss): spendere bene il Recovery Fund e vigilare sulle frodi

L'ateneo romano avvia una ricerca finanziata dall'Ue

GEN 27, 2021 -

Roma, 27 gen. (askanews) – Domani, giovedì 28 gennaio, si terrà un webinar di presentazione del progetto di ricerca BETKOSOL (acronimo di ‘Better knowledge for better solutions’, ‘Una migliore conoscenza per migliori soluzioni’), con il quale l’Università Luiss di Roma lo scorso dicembre ha vinto un bando europeo, ricevendo un finanziamento dall’Unione Europeo. Obiettivo del progetto è l’individuazione di efficaci strumenti di contrasto alla corruzione e alla frode sui finanziamenti europei. In vista del webinar, askanews ha intervistato il professor Aldo Sandulli, ordinario di Diritto amministrativo presso l’ateneo romano e Principal Investigator del progetto BETKOSOL.

Professore, lei è il Principal Investigator del progetto di ricerca BETKOSOL, con il quale la LUISS, lo scorso dicembre, ha vinto un bando europeo e ha ricevuto un finanziamento dall’Unione Europea. È stato difficile aggiudicarsi la selezione? Non le so dire, con precisione. Tenga conto che, tradizionalmente, non è facile per i giuristi vincere un bando europeo. La maggior parte dei finanziamenti va giustamente alle cd. scienze esatte e, comunque, all’interno della grande famiglia delle scienze umane, economisti e politologi fanno la parte del leone. Immagino, poi, che abbiano partecipato al bando dell’OLAF (l’Ufficio per la lotta antifrode della Commissione Europea) ricercatori di tutta Europa ed è un grande onore, per me e per la LUISS, che il progetto abbia vinto la selezione e sia stato finanziato nell’ambito del programma HERCULE III dell’Unione Europea. Adesso avremo un anno e mezzo per realizzare la ricerca: il kick-off meeting si svolgerà giovedì 28 gennaio dalle 9 alle 17 (https://betkosol.luiss.it/) e l’evento finale è calendarizzato a giugno 2022.

Ci può spiegare qual è la finalità del progetto di ricerca? Lo scopo del progetto è di rinvenire efficaci strumenti di contrasto alla corruzione e alla frode sui finanziamenti europei. Soprattutto, strumenti che siano adeguati alle profonde trasformazioni prodotte dalla crisi pandemica. L’Unione Europea ha fatto uno sforzo enorme per mettere in campo risorse ingenti: con il Next Generation EU (un programma da 750 miliardi di Euro), l’Unione diventa il maggior intermediario finanziario del continente e avrà, come interlocutori, non soggetti privati, ma gli Stati nazionali. È chiaro che questo produrrà una mutazione epocale. Va considerato, inoltre, che il NGEU (2021-2023) è un programma straordinario che andrà sommato al Multiannual Financial Framework (il Quadro Finanziario Pluriennale e, cioè, il bilancio pluriennale dell’Unione, che andrà dal 2021 al 2027). Il MFF è il tradizionale programma di finanziamento attraverso i fondi strutturali (fondi di coesione e fondi per agricoltura e pesca). La somma dei due programmi dà il totale di 1825 miliardi di Euro, praticamente il doppio rispetto al periodo 2014-2020. Questa enorme quantità di denaro dovrà essere utilizzata al meglio, per la ripresa e la resilienza. Per far ciò, occorrerà ragionare sui modi più adatti per dare concretezza ai progetti (governance, strutture organizzative e procedure) e per vigilare e controllare sull’utilizzo dei finanziamenti.

Quanti ricercatori coordinerà? L’angolazione dalla quale affronteremo il tema sarà di tipo comparato ed empirico. Coordinerò un team internazionale di ricercatori: italiani (della LUISS), belgi (della Ghent University) e polacchi (dell’Università di Toru?). Studieremo, oltre al livello delle istituzioni europee, le esperienze italiana, belga, tedesca e polacca. Cercheremo di operare anche sul piano della raccolta dei dati empirici. Questo sarà uno dei profili di maggiore criticità della ricerca, perché la stessa dovrà giungere a conclusione entro un anno e mezzo. Ciò significa che, per giugno 2022, non avremo la possibilità ancora di lavorare sui dati e sugli esiti del NGEU, che sarà nel momento del suo pieno dispiegamento. Dunque, dovremo lavorare sull’esperienza dei fondi strutturali del precedente bilancio pluriennale e da quello cercare di ricavarne comunque elementi utili ai cambiamenti determinati dalla crisi pandemica.

Quanto riesce l’Italia a spendere in finanziamenti europei? Siamo più o meno virtuosi rispetto agli altri Paesi europei? Un recente report della Corte dei conti europea ci dice che, in ordine al bilancio 2014-2020, l’Italia è al penultimo posto in Europa per la capacità di spendere i finanziamenti europei.

Dietro di noi c’è soltanto la Croazia. L’Italia, nei sette anni indicati, ha ricevuto circa 45 miliardi di Euro, ma è riuscita effettivamente a spendere soltanto il 38%. Contro il 73% della Finlandia, il 53% della Francia, il 49% della Germania: anche alcuni Paesi dell’Est europeo, come la Polonia, hanno un’alta percentuale di utilizzo dei fondi. Siamo, quindi, certamente meno virtuosi degli altri Paesi europei: questo è uno stabile dato di fatto, non confutabile.

Quali sono le ragioni, a suo avviso? Uno dei problemi potrebbe essere dato dal meccanismo bottom up che l’Italia tradizionalmente adotta in relazione all’utilizzo dei fondi strutturali, lasciando ampio spazio alle regioni e agli enti locali, attraverso i POR (Programmi Operativi Regionali). Le Regioni non hanno certo dato buona prova di sé, sotto questo profilo. Però va riconosciuto che anche i Ministeri sui PON (Programmi Operativi Nazionali) non hanno avuto performance migliori. Ci sono Paesi che riescono ad avere risultati migliori dei nostri con un approccio bottom up e altri con un meccanismo top down. Con il NGEU si andrà forse verso un sistema di governance più accentrato, di tipo top down; ma, al momento, è ancora incerto.

La seconda ragione della scarsa capacità di utilizzo dei fondi risiede nella ‘questione amministrativa’. Giustamente l’Europa ci chiede delle riforme strutturali, soprattutto sotto l’aspetto del miglioramento delle capacità della burocrazia amministrativa. Abbiamo bisogno di rafforzare i corpi tecnici all’interno delle pubbliche amministrazioni (architetti, ingegneri, ecc.). I dati statistici a disposizione ci dicono che i nostri pubblici dipendenti sono mediamente avanti con gli anni, poco motivati, con titoli di studio inadeguati agli obiettivi da perseguire, poco avvezzi alla trasformazione digitale in atto. La digitalizzazione dell’amministrazione italiana è un’altra partita fondamentale, sia sul piano infrastrutturale sia su quello dell’interoperabilità (cooperazione e scambio e incrocio di dati) tra amministrazioni.

La terza ragione risiede nel tradizionale scarso coordinamento tra istituzioni e tra pubbliche amministrazioni. La tendenza italiana è quella di andare ognuno per suo conto, mentre il Recovery Plan potrà funzionare soltanto se si opererà in modo coordinato e collaborativo. Bisognerà remare tutti dalla stessa parte. Certo è che, perché si abbia una ripresa economica, si dovranno apportare cambiamenti in ordine ai meccanismi di utilizzo dei finanziamenti europei. E questo è strettamente collegato con un efficiente piano di riforme.

Sono più frequenti le frodi in Italia rispetto agli altri Paesi europei? Anche sotto il profilo delle frodi sui fondi europei, l’Italia non è messa bene. Nel rapporto OLAF del 2019 si evince che l’Italia è al quarto posto per numero di frodi o irregolarità nella gestione dei finanziamenti europei, con 4415 casi. Soltanto la Spagna, la Polonia e la Romania hanno dati peggiori ai nostri. Paradossalmente, da questi dati si potrebbe ricavare che abbiamo dei meccanismi di vigilanza, di controllo, di ispezione e di sanzione più efficaci rispetto ad altri sistemi, perché riusciamo a rinvenire un maggior numero di irregolarità. Ma, ovviamente, si tratta di congetture. Quello su cui certamente bisognerà lavorare è l’adattamento di questi strumenti di controllo al grande cambiamento che ci attende con il NGEU.

Quali potranno essere i problemi in vista per i finanziamenti che giungeranno con il Recovery Fund? Come ho detto, bisognerà spendere una enorme quantità di finanziamenti entro la fine del 2023. Ciò significa che occorrerà semplificare e operare in deroga, quindi avere strutture che possano decidere in modo rapido e procedure snelle e celeri. La semplificazione strutturale e procedurale sarà necessaria. Il bisogno di essere efficienti nasconde ovviamente un grosso rischio, quello che la criminalità, organizzata e non, possa giovarsi della maggiore flessibilità. Va detto, d’altra parte, che anche l’estrema complessità e lentezza procedurale può incentivare la corruzione e l’infiltrazione della criminalità organizzata, per cui occorre rinvenire un giusto equilibrio sia sul piano normativo sia su quello degli strumenti amministrativi. Certo è che, ad esempio, l’attuale Codice dei contratti pubblici è estremamente complesso e articolato. Le fasi progettuali, quella di scelta del contraente, quella di esecuzione del contratto sono percorsi ad ostacoli e sono connotate da pesantezza e complessità procedurale. Nel corso del 2020, in piena pandemia, il legislatore italiano è già dovuto intervenire con previsioni in deroga, prevedendo anche la nomina di commissari straordinari per la realizzazione delle grandi opere. È probabile che tali misure verranno ulteriormente accentuate e allora bisognerà essere molto attenti nella fase di controllo. Sotto il profilo del diritto penale, sarà interessante verificare come funzionerà l’EPPO, la Procura europea, appena costituita, che avrà il compito di svolgere le indagini sulle lesioni agli interessi finanziari dell’Unione Europea.

Il c.d. ‘modello Genova’, secondo lei, potrebbe essere replicabile per le opere che saranno finanziate con il Recovery Fund? La nomina di Commissari straordinari con amplissimi poteri è certamente tra le ipotesi in campo e, anzi, è già stata prevista dal legislatore con il cd. decreto Semplificazioni. Si tratta, però, di una soluzione straordinaria, che dipende molto dalle qualità, tecniche e morali, dei Commissari che saranno nominati.

Non si può certo pensare che il commissariamento possa essere la soluzione a regime. Ripeto: è una ipotesi dettata dall’urgenza e dalla contingenza, che può essere adottata per un numero limitato di casi. Occorrerà invece lavorare molto sulle riforme strutturali, su adeguati ed equilibrati modelli di governance, su meccanismi organizzativi e procedurali che possano risultare bilanciati e idonei al difficile obiettivo da raggiungere. Il traguardo, ricordo, è spendere la percentuale più alta dei finanziamenti europei incappando il meno possibile in frodi e infiltrazioni della criminalità organizzata. Il 2023 è vicinissimo e il lavoro da fare è enorme.

(intervista realizzata da Pierluigi Allotti) Per informazioni sul Webinar di lancio del progetto BETKOSOL (giovedì 28 gennaio 2021 ore 9), e per registrarsi all’evento, si rimanda al seguente link: https://webappsx.ugent.be/eventManager/events/BETKOSOL Plg