Pandemia: il 2% degli adolescenti pensa ‘meglio morire’

Indagine Soleterre e Cattolica su effetti psicologici del Long Covid

DIC 16, 2021 -

Coronavirus Milano, 16 dic. (askanews) – Tristezza, difficoltà a trovare il “senso” di ciò che si sta facendo, pensieri autolesionistici: sono alcuni dei disagi e delle sofferenze che il lockdown e il protrarsi della pandemia stanno rendendo sempre più diffusi tra gli adolescenti. Il 12% degli adolescenti dichiara di non sentirsi in forma (il 2,7% per nulla e il 9,3% poco); il 36% afferma di sentirsi triste (il 2% sempre, il 2,6% molto spesso, l’8,7% spesso e il 22,7% abbastanza) il 2% ogni giorno pensa che sarebbe meglio morire o di volersi far del male e il 15,3% lo pensa per più della metà dei giorni: per uan uota complessiva di giovani con pensieri autolesionistici del 17,3 per cento. E’ quanto emerge da una indagine promossa da Fondazione Soleterre e dall’Unità di Ricerca sul Trauma dell’Università Cattolica di Milano. La ricerca – volta ad approfondire sia come gli adolescenti hanno vissuto e percepito la pandemia sia quali risposte comportamentali, emotive e relazionali hanno messo in campo, a quasi 2 anni dall’inizio della stessa – mette in evidenza come come quella degli adolescenti sia diventata a causa della pandemia una popolazione grandemente in difficoltà a con una qualità di vita notevolmente peggiorata. “Occorrerebbe studiare le dinamiche di Long Covid per indagare più in profondità gli effetti sulla salute fisica e mentale di uno stress divenuto ormai cronico – afferma Damiano Rizzi, presidente di Fondazione Soleterre e Psicoterapeuta dell’età evolutiva. Credo vi sia, nel nostro Paese, un’urgenza che viene prime di tutte le altre: prenderci cura della salute mentale dei bambini e degli adolescenti sviluppando linee guida cliniche per alleviare gli effetti negativi della pandemia Covid-19 attraverso strategie di salute pubblica. Non possiamo ritenere il dolore psichico un problema legato solo a una specifica fascia d’età, ma è il problema di un Paese intero: se il 17,3% dei giovani dai 14 ai 19 anni ha pensato “quasi ogni giorno” e “più della metà dei giorni” che, in relazione al proprio stato d’animo attuale, sarebbe meglio morire o farsi del male a causa del dolore che la vita provoca, stiamo parlando – in valori assoluti – di oltre 490 mila individui in potenziale pericolo e che necessitano di assistenza psicologica immediata per scongiurare esiti peggiori.” L’indagine ha coinvolto un campione rappresentativo di 150 adolescenti tra i 14 e i 19 anni – rappresentativi di una popolazione composta, nel nostro Paese, da oltre 2 milioni e 850 mila individui – al quale è stato chiesto quali siano i sentimenti e i pensieri prevalenti legati al lockdown e alla pandemia, per indagare la portata a livello identitario e gli effetti dell’evento traumatico vissuto. Tra le altre indicazioni emerse risulta che il 40,7% degli adolescenti intervistati ha difficoltà a dare un senso a ciò che prova (il 5,4% quasi sempre, il 10% molte volte e il 25,3% circa la metà delle volte); il 34% afferma di non essere in grado di controllare il proprio comportamento quando è turbato (il 4% quasi sempre, il 7,3% molte volte e il 22,7% circa la metà delle volte); il 50 % si arrabbia con sé stesso quando si sente turbato (il 4% quasi sempre, il 14% molte volte e il 32% circa la metà delle volte); il 64% del campione pensa che se l’evento traumatico in oggetto non fosse accaduto, oggi sarebbe una persona diversa (il 4,7% quasi sempre, il 16% molte volte e il 43,3% circa la metà delle volte); il 69,3% afferma che l’evento è diventato parte della propria identità (il 2% quasi sempre, il 22,6% molte volte e il 44,7% circa la metà delle volte); il 34,7% dice di fare fatica ad addormentarsi (il 2,7% quasi sempre, il 5,3% molte volte e il 26,7% circa la metà delle volte).