Roma, 1 dic. (askanews) – “Con la pandemia da coronavirus sono aumentati i disturbi dell’alimentazione. Soprattutto fra i ragazzi il cibo è diventato una scappatoia per affrontare i cambiamenti traumatici che questa emergenza comporta». A lanciare l’allarme è Arianna Di Napoli, psicologa e psicoterapeuta cognitivo comportamentale specializzata nel trattamento di pazienti con disturbi del comportamento alimentare da 12 anni a Riccione.
Un’analisi che arriva dall’Osservatorio epidemiologico del ministero della Salute ha messo in evidenza un aumento di casi post lockdown da febbraio a maggio del 30% in bambini e preadolescenti. Anche l’Istituto Superiore della Sanità ha evidenziato il rischio di ricaduta o peggioramento della problematica, l’aumento del rischio di infezione da COVID-19 in chi soffre di disturbi o disordini dell’alimentazione, la possibile comparsa di questa tipologia di disturbo e la scarsità dell’offerta di trattamenti psicologici e psichiatrici nel corso dell’emergenza COVID-19. «Ed è proprio sull’ultimo punto che psicoterapeuti e professionisti sanitari hanno deciso di elaborare ed attuare nuove strategie per essere al fianco dei pazienti”, riferisce Di Napoli.
Cos’è un disturbo del comportamento alimentare? Mangiare e vomitare, digiunare, trascorrere ore ed ore facendo attività fisica o sui gruppi Internet che incitano alla magrezza ma soprattutto avere pensieri e vivere emozioni che non permettono di stare bene con sé stessi e causando disagio nei rapporti interpersonali e nel contesto lavorativo e scolastico abbassando così la qualità di vita. Non è il peso a determinare la gravità ma una bassa autostima accompagnata dalla ricerca di perfezionismo che si cerca di raggiungere attraverso il controllo del cibo e del peso, sia che si parli di binge eating, anoressia, bulimia, ortoressia e altre variazioni del disturbo.
Secondo il Ministero della Salute, in Italia, più di tre milioni di persone soffrono di questa problematica, ma si stima possano essere di più dal momento che circa il 40% non chiede aiuto o non riceve una diagnosi. Il trattamento psicoterapeutico accompagnato nelle forme più gravi a quello farmacologico è il percorso di elezione con una stima dei pazienti guariti che arriva fino al 70%.