Milano, 24 gen. (askanews) – Entro cinque anni l’Unione Europea potrebbe porre fine alla sua dipendenza dalla Cina nel comparto delle celle per le batterie agli ioni di litio usate nelle auto elettriche. Lo sostiene un’analisi di Transport & Environment (T&E) che sottolinea come la sola produzione continentale sarà sufficiente per soddisfare il 100% della domanda interna tra cinque anni. Tuttavia, in assenza di un’iniziativa politica capace di controbilanciare gli incentivi al settore promossi dagli Stati Uniti – sottolinea l’organizzazione, l’Europa rischia di perdere parte degli investimenti lungo la catena di fornitura dei veicoli puliti. L’egemonia cinese dovrebbe avere termine anche per altri componenti delle batterie. Sempre nel 2027, infatti, due terzi della domanda europea dei catodi – che contengono le materie prime critiche (critical raw materials) – potranno essere coperti dalla produzione interna, a giudicare dai dati sui progetti previsti dalle aziende coinvolte tra cui quelli di Umicore (in Polonia), Northvolt (in Svezia) e BASF (in Germania). Il rischio, nota però T&E, è che le imprese possano scegliere di trasferire negli Stati Uniti le iniziative attualmente pianificate per l’Europa sulla spinta delle agevolazioni fiscali e degli altri sussidi previsti dal recente Inflation Reduction Act (IRA), la legge approvata da Washington per attrarre la produzione di tecnologie verdi e, con esse, di importanti quote della catena di fornitura degli accumulatori. La dipendenza da Pechino è destinata a ridursi drasticamente anche nella raffinazione e nella lavorazione dei metalli utilizzati nelle batterie. Secondo le previsioni di T&E, infatti, entro il 2030 oltre il 50% della domanda interna di litio raffinato potrà essere soddisfatta dai progetti continentali. L’approvvigionamento delle materie prime avverrà da miniere estere o europee, ammesso che vengano rispettati elevati standard ambientali e sociali, come previsto dallo EU Critical Raw Material Act attualmente in discussione a Bruxelles. “Già oggi metà delle celle per batterie agli ioni di litio utilizzate nell’UE è prodotta nel Continente – dichiara Veronica Aneris, direttrice di T&E Italia – L’Inflation Reduction Act ha però cambiato le regole del gioco: per questo l’Europa deve garantire maggiori risorse se non vuole rischiare di perdere gli impianti produttivi già previsti e i relativi nuovi posti di lavoro a favore degli Stati Uniti. In questo quadro, per l’Italia è urgente sviluppare un piano atto a collocare la sua industria nazionale in una posizione strategica lungo la nuova catena del valore”. Secondo T&E, l’UE dovrebbe dotarsi di un Fondo Sovrano Europeo per il sostegno alle tecnologie verdi da finanziare attraverso l’emissione comune di debito. In questo modo si garantirebbe una parità di condizioni per tutti gli Stati membri evitando che i Paesi che dispongono di risorse maggiori traggano vantaggio da queste ultime offrendo generosi aiuti pubblici alle loro aziende. Il Fondo, precisa l’organizzazione, dovrebbe offrire un supporto esclusivamente ai comparti produttivi verdi interessati dall’IRA statunitense, come i veicoli elettrici, le batterie e le energie rinnovabili. A differenza dei finanziamenti previsti dal Next Generation EU, tuttavia, queste nuove risorse dovrebbero essere erogate direttamente alle imprese, velocizzando il processo di assorbimento dei fondi, risultato particolarmente lento nell’esecuzione del Recovery and Resilience Facility (RRF) europeo. La spesa prevista dal RRF stesso – secondo l’organizzazione – risulta anche priva di un orientamento strategico, senza contare che i fondi tardano spesso a raggiungere le aziende e non possono essere utilizzati come garanzie bancarie a differenza di ciò che avviene con i finanziamenti IRA negli Stati Uniti. Le norme UE in materia di aiuti di Stato, infine, andrebbero semplificate per consentire ai progetti verdi di accedere ai fondi per aumentare i volumi di produzione come già avviene, anche in questo caso, negli USA. “Un Fondo Sovrano Europeo sarebbe in grado di sostenere una strategia industriale comune per tutti i Paesi del Continente, non solo i più ricchi – conclude Veronica Aneris – L’ESF però, non dovrà essere per l’Italia un’occasione persa in materia di mobilità elettrica come lo è stato il PNRR. I fondi dovranno essere indirizzati a quei settori strategici realmente capaci di salvaguardare il futuro dei posti di lavoro e la competitività industriale nazionale: veicoli elettrici, batterie ed energie rinnovabili. La nostra analisi dimostra che c’è ancora molto potenziale da catturare nella costruzione della nuova filiera automotive europea.”
Auto elettrica: batterie litio, Europa indipendente entro 2027
Analisi Transport-Environment: ma necessario agevolare investimenti