Roma, 30 apr. (askanews) – Quanto dobbiamo preoccuparci della variante indiana? A questa domanda (e non solo a questa) ha risposto l’infettivologo Massimo Galli: ‘Non sappiamo ancora abbastanza cose sulla variante indiana, neanche sul fatto che possa o no bucare i vaccini attualmente disponibili. Qualche casa farmaceutica si è dichiarata ottimista, ma dati definitivi e ufficiali non ce li abbiamo. E’ verosimilmente molto diffusiva, forse più ancora della variante inglese, ma anche questo lo dobbiamo verificare in maniera più diretta e scientifica’.
Detto questo c’è un fatto che è davanti agli occhi di tutti: ‘In India il primo di marzo c’erano 12mila casi di contagio da Sars-Cov-2 al giorno e il 25 aprile i casi erano 350mila, questo ci dice che il problema è maledettamente serio’, anche se va considerato ‘il contesto, che ha una serie di difficoltà aggiuntive, con persone che vivono in condizioni abitative molto affollate, per usare un eufemismo’.
La cerimonia sul Gange per la festa religiosa indù Kumbh Mela, con centinaia di migliaia di persone non basta a spiegare il boom dei contagi, ‘non credo basti quel singolo evento per giustificare una realtà esplosiva, ha aiutato. Ma questa variante – sottolinea Galli – ha una mutazione preoccupante’.
L’infettivologo dell’ospedale Sacco di Milano spiega che, come tutte le altre varianti, anche quella indiana ha una mutazione sulla proteina spike. E’ una mutazione in posizione 484, come nelle varianti brasiliana, sudafricana e nigeriana; laddove i numeri riguardano la posizione sulla sequenza genetica o proteica della spike, la porzione del virus che viene a contatto con il recettore umano. Ma è una mutazione comunque diversa: le varianti brasiliana, sudafricana e nigeriana hanno la mutazione 484K mentre la variante indiana ha la mutazione 484Q, ovvero – in sintesi – ha un amminoacido diverso sulla proteina che viene a contatto con il recettore cellulare umano. La variante inglese ha una variante facilitante – anch’essa nella proteina Spike – che è la 501Y, ribattezzata ‘Nelly’ dagli scienziati, mutazione che è condivisa anche dalla brasiliana e dalla sudafricana. ‘La variante indiana quindi ha la mutazione 484Q invece della 484K, e sembrerebbe non avere ‘Nelly’, la mutazione 501Y inglese. Cosa voglia dire tutto questo non lo sappiamo ancora, ma sembrerebbe comunque essere più contagiosa persino di Nelly o perlomeno si ritiene sia stata responsabile di un’esplosione dei casi in India’.
Chiudere voli e aumentare le precauzioni è quindi fondamentale adesso? ‘Non credo si potesse farne a meno’, purtroppo però potrebbe non bastare, se si guarda a come è arrivata in Italia – secondo la ricostruzione supportata dall’infettivologo – la prima ondata pandemica: ‘E’ probabile che una porzione minoritaria della prima pandemia italiana sia arrivata da Wuhan, con i due turisti cinesi e quindi probabilmente l’epidemia di Vo’ in Veneto e qualche altro strascico in giro per l’Italia sia arrivato da lì; ma è certo che il grosso della pandemia italiana della prima ondata sia stata data da una variante, la 614G, che poi si è diffusa in tutto il mondo, arrivata in Italia dall’Europa. La nostra ipotesi, anche se ha avuto molte contrarietà , è che sia stata mediata dalla Germania. Quindi magari non è arrivata neanche in aereo’.
In base agli ultimi dati, aumenta in Italia, anche se di poco, l’indice di trasmissione, l’Rt passa da 0,81 a 0,85: ‘Me l’aspettavo ovviamente – commenta Galli – basta guardare i numeri giornalieri. Abbiamo avuto una discesa importante se confrontiamo la settimana che insiste sul primo di marzo, ma se confrontiamo le ultime due settimane siamo rimasti fermi, con un minimo trend in discesa. Quindi attenzione. Basta vedere cosa sta succedendo in Germania e qualche domanda va posta’. In Germania le vaccinazioni sono a ritmo record, ma i contagi continuano a correre intorno ai 25mila al giorno, tanto che la cancelliera Angela Merkel, qualche giorno fa, ha dovuto azionare ‘il freno di emergenza’, un pacchetto di misure restrittive che ancore tardano a farsi sentire.
Eppure in Italia ci sono state le riaperture, e ancora ci sono pressioni per altre riaperture: ‘Quello è politica punto’, commenta Galli, aggiungendo: ‘C’è chi ha scelto di intraprendere questo genere di linea e lo porta avanti ad ogni costo. Sono vicino a tanta gente che dal punto di vista economico non ne può più. Non sono indifferente. Non mi diverte, non mi gratifica dire che abbiamo da star chiusi. Non mi gratifica dire che abbiamo un gap di 30 milioni di dosi di vaccino rispetto alla Gran Bretagna e che ci troviamo in una situazione ancora critica. Tutte queste cose non mi danno gratificazione, però credo sia doveroso che le dica. Se poi la decisione è aprire comunque e a prescindere, con un rischio calcolato più su un piano economico che sul piano sanitario – perché sul piano sanitario non è calcolabile e calcolato un bel niente – se il discorso è questo, è il caso che comunque la gente lo sappia e si regoli’.
E visto che siamo di fronte la primo maggio, un primo maggio di libertà per milioni di italiani, l’invito alla regola cade a proposito, con l’aiuto del calendario: ‘Il fatto che il primo maggio sia di sabato, quindi senza ponte, di fatto ridurrà un po’ i movimenti. Con il ponte la mobilità sarebbe stata più marcata. Mi auguro che la gente si muova comunque con le dovute cautele’. E in ogni caso c’è un invito semplice che vale per tutti: ‘Se nessuno pensa a proteggere te, cerca di proteggerti da solo’.
All’aperto, però, si rischia di sentirsi troppo liberi, specie dopo le rassicurazioni sul minor rischio contagio. Invece l’attenzione deve restare: ‘Se uno ti parla addosso anche all’aperto e ha l’infezione, è un super spreader, puoi stare tranquillo che ti infetti anche all’aperto. ‘Possiamo stare all’aperto’ è una delle tante cose che alla fine si mitizzano, ma non si hanno dati inoppugnabili in termini di garanzia, quando la gente è ammucchiata’. Uno sguardo a ciò che accade quotidianamente può bastare per intendersi: ‘Diamo un’occhiata davanti ad alcuni bar, le persone non stanno dentro, al chiuso, si portano fuori da bere, ridono e scherzano a gruppi fitti, attorno a tavolini inesistenti o microscopici, ammucchiati in discreto numero e senza mascherina. Se uno pensa che quello non è un modo per infettarsi, fa parte della schiera degli illusi’.
C’è anche un bel dato da commentare, le 500mila dosi giornaliere di vaccino raggiunte: ‘La vaccinazione è l’unica via e sono entusiasta del risultato. Ma mi rassicurerebbe di più vederlo consolidato’. E un rapido calcolo chiarisce il quadro: ‘Cinquecentomila dosi di vaccino al giorno, vuol dire che per colmare il gap con la Gran Bretagna di 30 milioni di dosi ci vogliono 60 giorni di tempo. Se sono meno di 500mila ci vuole più tempo, calcolo ragionato’.
In tema di vaccini, resta il dilemma Astrazeneca, fare o non fare il richiamo per gli under 60. ‘Il vaccino Astrazeneca – ricorda l’infettivologo del Sacco – è stato progettato inizialmente per un’unica dose. Può valere la pena di andare a vedere quale sia stata la risposta anticorpale dopo la prima dose per orientare ulteriori strategie. E’ importante e potrebbe dirimere molte questioni e angosce anche nelle persone’. Che incertezze ce ne siano, lo dimostra il fascicolo di mail che il professor Galli ogni mattina si ritrova sulla scrivania. Ogni giorno almeno un centinaio di domande di persone che chiedono cosa fare con il vaccino, se e quando farlo se si sono infettati, quale vaccino fare e adesso molti chiedono se fare o non fare il richiamo con Astrazeneca: ‘Francamente dico a quelli più giovani che vale la pena di vedere quanti anticorpi hanno fatto, se dal test sierologico risultano buoni anticorpi anti-Rdb (Receptor Binding Domain) della proteina spike, possono non fare la seconda dose e ricontrollare gli anticorpi sei mesi dopo’.
Ma per Galli al di là del richiamo, verificare la risposta anticorpale è una partita da iniziare a intavolare, è necessario avere i dati per gli immunodepressi, per verificare chi comunque non ha una risposta anticorpale, e in generale per testare la risposta ai vaccini. Ché c’è da scommetterci: ‘Lo scenario dei vaccini e delle strategie vaccinali tra sei mesi sarà notevolmente cambiato. Ci saranno sviluppi desunti dalle vaccinazioni di massa che si stanno facendo, sia rispetto alle dosi che alle tempistiche e verosimilmente ci saranno adeguamenti ai virus circolanti. Noi ora stiamo vaccinando con vaccini puntati sul virus che circolava in Cina nel marzo scorso. Nel frattempo il virus è cambiato parecchio. E tutte le case farmaceutiche si sono già attivate per l’upgrade’. Una rincorsa dove favoriti di fatto sono i vaccini a mRna, perché più veloce e semplice è la modifica dell’Rna messaggero. (di Giovanna Turpini).
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