Roma, 19 lug. (askanews) – “Non esistono alimenti perfetti, per il semplice motivo che sulle nostre tavole non finisce un solo alimento, bensì una pluralità di cibi, destinati a compensare fra loro eccessi e carenze di nutrienti. L’idea dell’Oms di voler ridurre l’incidenza di malattie legate all’alimentazione, come, il diabete, l’ictus, l’infarto o l’ipertensione è una cosa positiva che però rischia di dare origine a uno schema impazzito, dove un formaggio come il Parmigiano Reggiano rischia di venir marchiato d’infamia, perché ricco di sale, di grassi saturi e di colesterolo”. Lo afferma in una nota Filippo Rossi, ricercatore della facoltà di Scienze agrarie alimentari e ambientali, Università Cattolica del Sacro Cuore.
“Ora è vero che il 2% del Parmigiano Reggiano è sale da cucina, ma va ricordato che per raggiungere la dosa massima ammissibile, bisogna mangiarne circa 320 gr. Cosa che manco il Topo Gigio dei giorni migliori riuscirebbe a fare. In compenso 100 gr di Parmigiano reggiano, coprono integralmente il fabbisogno in calcio di una persona adulta, riducendo drasticamente il rischio di osteoporosi e di fratture invalidanti per le persone anziane. Invalidanti per loro, impegnative per i loro famigliari e costose per lo Stato. E basta un pollice (30 gr) di formaggio per abbassare significativamente la pressione arteriosa e il rischio di quell’ictus che sta a cuore all’Oms. E comunque, a prescindere da quel che se ne mangi, il Parmigiano Reggiano, è delle migliori fonti proteiche. Non è l’alimento perfetto, ma è sicuramente utile alla nostra salute”.