Con il concistoro di agosto Francesco consolida il “global south”

Ma gli italiani ancora il primo gruppo in un eventuale Conclave

MAG 30, 2022 -

Papa Città del Vaticano, 30 mag. (askanews) – Con il Concistoro del 27 agosto annunciato domenica da papa Francesco al termine del Regina Coeli, si rafforza ulteriormente la rappresentanza del ‘global south’ nel collegio elettorale della Chiesa cattolica. Il collegio cardinalizio, oggi composto da 208 porporati, di cui 117 elettori e 91 non elettori, dal 27 agosto avrà infatti 229 cardinali di cui 133 elettori. I cardinali saranno così distribuiti: 107 in Europa, di cui 54 elettori; 60 nelle Americhe, di cui 38 elettori; 30 in Asia, di cui 20 elettori; 27 in Africa, di cui 17 elettori; 5 in Oceania, di cui 3 elettori. Il gruppo nazionale più consistente resta quello degli italiani: 30 porporati, dei quali 21 elettori. Con questo annuncio il papa 85enne ha ampiamente superato la soglia dei 120 elettori indicativamente adottata dai pontefici per consuetudine (ma nel 2001, per dire, Giovanni Paolo II arrivò a quota 136), segno che passeranno molti mesi prima di un eventuale, nuovo Concistoro: sicuramente non prima – sempre che non muoia o non venga espulso prima di allora un cardinale con meno di 80 anni – del settembre del 2023, quando, con l’ottantesimo compleanno di Angelo Comastri, il numero degli elettori scenderà nuovamente a quota 120, che si abbasserà a 115 entro la fine dello stesso anno. Rimane peraltro fuori dal novero degli elettori, pur essendo ancora cardinale, Angelo Becciu, ex Sostituto agli affari generali della Segreteria di Stato attualmente imputato presso il tribunale vaticano nel quadro del processo sulla compravendita-truffa di un palazzo al centro di Londra. Con un calcolo puramente aritmetico, a partire dal 27 agosto il collegio sarà costituito da 52 cardinali creati da Giovanni Paolo II di cui 11 elettori; 64 creati da Benedetto XVI di cui 38 elettori; 113 creati da Francesco di cui 83 elettori. Andrebbe fuori strada, tuttavia, chi ritenesse che, di conseguenza, Francesco controlla il prossimo Conclave, che non potrà non scegliere, dunque, un successore in linea con il pontefice argentino. Non solo perché Jorge Mario Bergoglio, in verità, ha scelto cardinali disparati per provenienza geografica, sensibilità pastorale, inclinazione ideale. Non solo perché, inoltre, la storia ha mostrato ripetutamente che il Conclave è autonomo da chi lo ha plasmato: lo stesso Francesco, papa dall’impronta riformista, è stato scelto da un Conclave sostanzialmente disegnato da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, due pontefici notevolmente conservatori; o per fare un altro esempio noto, Giovanni XXIII, il papa che audacemente aprì il Concilio vaticano II, fu eletto da un Conclave modellato da Pio XII, nobile romano passato alla storia come papa cauto e tradizionalista. Soprattutto, a determinare l’andamento delle elezioni sono numerose variabili e le cronache conclavarie hanno mostrato che ad imprimere una svolta sono spesso minoranze bene organizzate e motivate (per rimanere agli ultimi pontefici, Karol Wojtyla sarebbe stato scelto sulla spinta di un gruppo di vescovi francesi e tedeschi, e la guerra fredda non giocò un ruolo secondario; Joseph Ratzinger fu portato avanti da un gruppo di curiali; Jorge Mario Bergoglio è asceso sull’onda di un malcontento anti-italiano e anti-romano nei confronti degli scandali vaticani che si è saldato alla preoccupazione che non si perdesse l’eredità del Concilio vaticano II). Ora, se c’è una certezza con Francesco è che i cardinali che egli stesso ha scelto sono quanto mai sparpagliati in giro per il mondo. E che hanno avuto pochissime occasioni di incontrarsi, confrontarsi, fare gruppo: Francesco non ha praticamente convocato dei concistori ordinari a Roma con i cardinali di tutto il mondo. Non c’è, dunque, checché ne paventino gli avversari di Francesco, un ‘gruppo bergogliano’ al prossimo Conclave. E l’elezione del prossimo pontefice, quando Bergoglio morirà o si dimetterà, è di conseguenza molto aperta. Eventualità, va detto, che sembra attualmente di là da venire, non solo perché Francesco, 85 anni, mostra notevole dinamicità, pur con sempre più evidenti problemi di mobilità, ed è in pieno svolgimento un percorso sinodale globale da lui voluto che terminerà solo nel 2023, ma tanto più perché è vivo anche il predecessore, il dimissionario Benedetto XVI, 95 anni, che rinunciò al pontificato nel 2013. Nulla è escluso a priori, e la convivenza di un papa regnante e di un papa emerito era inimmaginabile sino a nove anni fa, ma sicuramente la convivenza di un papa regnante e due emeriti sarebbe oltremodo singolare. Quello di fine agosto, data insolita, è l’ottavo concistoro di papa Francesco. Nel corso dei suoi sette concistori precedenti (febbraio 2014, febbraio 2015, novembre 2016, giugno 2017, giugno 2018, ottobre 2019, novembre 2020) il papa ha creato in totale 101 cardinali, con più o meno di ottant’anni. Quel che non è cambiato nel corso degli anni è lo spaesamento creato da una radicalità sistematica adottata dal pontefice argentino nella scelta dei nuovi cardinali. Nominare un cardinale – come anche togliere ad un cardinale diritti e doveri, caso rarissimo ma possibile – è una decisione sovrana del romano pontefice. E Jorge Mario Bergoglio ha l’abitudine di non preavvertire quasi nessuno, né il suo entourage né i diretti interessati, e di annunciare il Concistoro senza preavviso alla fine di un Angelus: un modo per rimarcare la sovranità della sua decisione e sottrarsi a pressioni e suggerimenti più o meno espliciti. Nel corso degli otto anni di pontificato, Bergoglio ha stravolto radicalmente le consuetudini, non senza suscitare sdegno e sorpresa. Non ha elevato a dignità cardinalizia sedi che lo sono da secoli (Venezia, Torino, Parigi), ma si è trattato di una norma con delle eccezioni (è cardinale l’arcivescovo di Bologna Matteo Zuppi). Non ha promosso cardinali zelanti collaboratori di Curia a capo di dicasteri e accademie, che ad ogni concistoro sospirano amaramente, ma ha comunque continuato a creare cardinali tra i curiali (uno tra tutti, l’elemosiniere polacco Konrad Krajewski). Con il prossimo concistoro, diventa cardinale il vescovo di Como Oscar Cantoni (non, per dire, l’arcivescovo di Milano Mario Delpini, pur avendo il suo predecessore, Angelo Scola, superato gli 80 anni di età), il vescovo di San Diego Robert W. McElroy (non il suo collega di Los Angeles) e il vescovo di Marsiglia Jean-Marc Avelin (non il neo-nominato arcivescovo di Parigi). Il ‘papa delle periferie’, come è stato definito, ha allargato la latitudine delle preferenze nominando cardinali in paesi che non avevano mai avuto un cardinale: Repubblica Centrafricana, Brunei, Rwanda, Haiti, Dominica, Birmania, Panama, Capo Verde, Tonga, Bangladesh, Papua Nuova Guinea, Malaysia, Lesotho, Mali, Svezia, Laos, El Salvador, Lussemburgo… A cui si aggiungono, con il Concistoro del prossimo agosto, la Mongolia (Giorgio Marengo, 47 anni, sarà il più giovane cardinale del collegio), Timor est (Virgílio do Carmo da Silva), Singapore (William Seng Chye Goh), Paraguay (Adalberto Martínez Flores). Il primo pontefice della globalizzazione ha poi riequilibrato, gradualmente, la composizione geografica di un collegio elettorale che non rispecchia da tempo il ‘popolo di Dio’. Oltre a quelli già citati, diventano cardinali ad agosto tre curiali (l’inglese Arthur Roche, il coreano Lazzaro You Heung-sik e lo spagnolo Fernando Vérgez Alzaga) e poi due vescovi indiani (Filipe Neri Antonio Sebastiao do Rosario Ferrao di Goa e Damao e Anthony Poola di Hyderabad), un nigeriano (Peter Ebere Okpaleke di Ekwulobia), due brasiliani (Leonardo Steiner di Manhaus e Paulo Cesar Costa di Brasilia) e un ghanese (Richard Kuuia Baawobr). Per fare solo un esempio, la maggioranza dei cattolici del mondo abita in America latina, che esprime, ancora oggi, solo 34 cardinali tra elettori e non elettori (sono 26 i cardinali dell’America del nord). L’Europa, dove la secolarizzazione galoppa, annovera ben 98 cardinali. L’Africa, dove il cristianesimo si diffonde a ritmi accelerati, ha 25 cardinali, l’Asia, speranza della Chiesa per il futuro, ne ha 25, l’Oceania 5. Nel corso del suo pontificato Bergoglio ha ridotto lo iato tra percentuale dei fedeli e percentuale dei cardinali: un raffronto statistico con la composizione del Conclave del 2013 che elesse l’arcivescovo di Buenos Aires mostra l’evoluzione geografica sotto Bergoglio: ad agosto gli europei rappresenteranno il 40,6% del collegio elettorale, nove anni fa erano il 42%; gli africani 12,7% (10%); gli asiatici e coloro che provengono dall’Oceania 17,3% (10%); gli americani, del nord del centro e del sud, ora saranno il 28,6%, nel 2013 erano la stessa percentuale. Se si scompongono però i numeri diversamente, si può notare, ad esempio, che i cardinali provenienti dai paesi poveri o in via di sviluppo (Centro e Sud America, Asia, Oceania, Africa) passano dal 36,5% al 39,8%. A guardare le cifre sfuma, infine, una diffusa diceria circa un presunto pregiudizio ostile di Francesco nei confronti degli italiani. Se è vero che il pontefice latino-americano ha sovente rimbrottato l’episcopato italiano, ha altresì fatto attenzione, di anno in anno, a mantenere quello italiano come il primo gruppo al Conclave in termini relativi. Il loro numero in otto anni cala dal 24% nel 2013 al 15,8% ad agosto prossimo, ma pur sconvolgendo la geografia ecclesiale del paese, premiando diocesi secondarie (Agrigento, Perugia, Como), o elevando a dignità cardinalizia personalità come il nunzio apostolico in Siria, Mario Zenari, Bergoglio ha evitato che il numero degli italiani precipitasse. Quel che è più rilevante, è che oggi il drappello di porporati italiani è piuttosto omogeneo. E se dal 1978 in poi, con l’elezione del polacco Karol Wojtyla, ossia del primo non italiano dopo oltre 400 anni, gli italiani sono stati talmente divisi da non riuscire a proporre un candidato credibile per gli altri porporati, il gruppo che si presenterà al Conclave prossimo potrebbe avere una certa coesione. Che il prossimo Papa sia italiano rimane in realtà improbabile per certi versi, ma da non escludere a priori. Di certo, con le sue scelte cardinalizie il Pontefice argentino di origine italiana sembra indicare che gli italiani avranno un ruolo di primo piano nella scelta di un Pontefice che dovrà gestire una situazione complessa e tenere in equilibrio sensibilità, culture, modelli ecclesiologici disparati come quelli che coesistono in Santa Romana Chiesa.