Città del Vaticano, 25 mar. (askanews) – Il cardinale Christoph Schoenborn, arcivescovo di Vienna, teologo rinomato, allievo di Joseph Ratzinger, ha pubblicamente criticato la congregazione vaticana per la Dottrina della fede sul “responsum” che vieta di benedire in chiesa le coppie di persone omosessuali.
“Non sono stato contento di questa dichiarazione della Congregazione per la Dottrina della Fede”, ha detto Schoenborn in un’intervista all’agenzia stampa cattolica austriaca Kathpress e ai media dell’arcidiocesi di Vienna (“Der Sonntag”, “Radio Klassik Stephansdom”). “Per la semplice ragione che il messaggio che è passato nei media di tutto il mondo è stato solo un ‘no’. E questo è un ‘no’ alla benedizione, qualcosa che ferisce molte persone nel profondo, come se dicessero: ‘Madre, non hai una benedizione per me? Anch’io sono tuo figlio, dopotutto'”. La Chiesa, ricorda Schoenborn, “è Mater et Magistra, come si dice tradizionalmente, Madre e Maestra: deve insegnare, ma è prima di tutto una madre”. E molte persone omosessuali e credenti “si pongano questa domanda: ‘La Chiesa è madre per noi?’ Rimangono figli di Dio, vogliono anche vedere la Chiesa come madre”. Di qui il dolore, “perché si sentono respinti dalla Chiesa”. L’arcivescovo di Vienna prosegue il parallelo: “Molte madri benedicono i loro figli. Mia madre lo fa ancora oggi. Non esco di casa senza che lei mi benedica. Una madre non rifiuterà la benedizione, anche se suo figlio o sua figlia ha problemi di vita. Al contrario”.
Secondo il cardinale Schoenborn – dal 1987 al 1992 segretario della Commissione per la redazione del Catechismo della Chiesa cattolica – “se la richiesta di benedizione non è uno spettacolo, non solo una sorta di incoronazione di un rito esterno, se la richiesta di benedizione è onesta, è davvero la richiesta per la benedizione di Dio per uno stile di vita che due persone, in qualunque situazione, cerchino di camminare, allora non si negherà loro questa benedizione. Anche se, come sacerdote o vescovo, devo dire: ‘Non hai raggiunto tutto l’ideale’. Ma è importante che tu viva la tua strada sulla base delle virtù umane, senza le quali non c’è una partnership di successo”, e “questo merita una benedizione”, afferma il porporato.
Schoenborn sottolinea, d’altro canto, che “non si è affatto capito” che nel testo vaticano “si possa trovare anche una preoccupazione positiva”, ossia “l’alta considerazione in cui è tenuto il matrimonio sacramentale, che è quasi diventato una rarità nel mondo di oggi: è qualcosa di grande e sacro, l’alleanza di un uomo e una donna per la vita, promessa e fatta davanti a Dio, che può poi portare anche a figli che sono percepiti come un dono di Dio”. Quindi, “la legittima preoccupazione della Congregazione è che una celebrazione di benedizione non dia l’impressione che qui si stia contraendo un matrimonio sacramentale”.
Ma, puntualizza l’arcivescovo di Vienna, una benedizione non è una ricompensa per un buon comportamento, “ma una richiesta di protezione, di aiuto dall’alto”. Spesso, racconta, le persone gli chiedono una benedizione. “A volte capita anche a me per strada che le persone mi chiedano una benedizione. Quindi ovviamente non chiedo prima delle loro condizioni di vita e della loro situazione, ma mi piace dare loro questa benedizione perché queste persone ovviamente pensano: senza la benedizione di Dio la vita è ancor più sospesa di quanto non sia già”.
“La Chiesa si è abituata da tempo – è stato un processo lungo e doloroso – che non è l’unico voce che ha una parola da dire sulle relazioni di coppia. Dal diciannovesimo secolo lo Stato ha revocato la sovranità della Chiesa sul matrimonio, ed è naturale per noi – anche per la Chiesa – che prima si celebri il matrimonio civile, poi quello religioso”. E ciononostante la concezione statale del matrimonio come contratto è essenzialmente diversa dalla comprensione del matrimonio sacramentale: “Eppure ci conviviamo da molto tempo”.