Roma, 25 nov. (askanews) – Venne arrestata nel 2018 perchè chiedeva che sia concesso alle donne il diritto di avere una patente di guida, ma ora dopo due anni di carcere e il divieto alla guida per il gentil sesso è stato tolto, lei, Loujain al-Hathloul, una attivista saudita di 31 anni sarà giudicata da un tribunale penale specializzato per reati di terrorismo. Lo ha fatto sapere la sorella Lina, il giorno della ripresa del processo di Loujain che da un mese è in sciopero della fame per protesta contro le sue condizioni in carcere.
“Il caso di mia sorella Loujain al Hathloul è stato trasferito al Tribunale Penale specializzato in casi di terrorismo. Altri dettagli seguiranno. Vi ringrazio per il vostro aiuto”, ha scritto su twitter Lina Hashloul prima di descrivere sua sorella apparsa oggi davanti i giudic “impaurita e con il corpo tremante in modo incontrollabile… E con la voce bassa e rotta”.
Hashloul, in prima fila nella lotta dell’universo rosa per il diritto alla guida nel regno wahhabita, era stata arrestata assieme a una decina di altre attiviste, nel maggio 2018 appena poche settimane prima che al gentile sesso saudita venisse concessa la storica autorizzazione ad avere una patente di guida. Da allora molte delle amiche arrestate sono state messe in libertà vigilata, ma non lei che lo scorso mese ha iniziato a rifiutare il cibo, denunciando le restrizioni e gli abusi cui è oggetto in cella e l’impossibilità di ricevere le visite dei suoi familiari.
L’31enne è apparsa oggi davanti alla corte che doveva giudicarla per avere violato “norme che garantiscono la sicurezza nazionale”; una formula per giustificare una più ampia operazione volta a reprimere i movimenti attivisti, soprattutto quelli femminili.
Secondo quanto denunciano i parenti, al Hathoul, per tre mesi dopo il suo arresto, è stata in regime di isolamento subendo in carcere elettroshock, frustate e abusi a sfondo sessuale. I suoi aguzzini le avrebbero offerto la possibilità di uscire di prigione, nel caso in cui avesse dichiarato di non aver subito torture in cella.
Il governo saudita respinge le accuse, negando in particolare le torture. Fra i capi di imputazione ascritti in fase di processo vi è l’aver chiesto la fine dell’esercizio di “patria potesta” dei maschi sulle loro donne, siano esse mogli, sorelle o figlie; ; e l’aver contattato organizzazioni internazionali e diplomatici Onu e stranieri. Pur restando in carcere ormai da più di due anni, finora i giudici non hanno emesso una sentenza di condanna.
Il caso di questa donna ha scosso le coscienze di molte persone nel mondo. Il Comitato Onu sull’eliminazione delle discriminazioni contro le donne (Cedaw), composto da 23 esperti indipendenti da tutto il mondo, ha espresso in una nota “grande preoccupazione per le condizioni di salute e il benessere fisico e mentale di Hathloul”. Il comitato si è appellato direttamente al sovrano Salman bin Anbdulaziz perché utilizzi i suoi poteri per garantire il rilascio di Loujain al-Hathloul.