Roma, 18 mar. (askanews) – Tokyo-Milano, e poi Milano-Bologna. E’ un viaggio lungo e faticoso in tempi normali. Ma nell’epoca del coronavirus, può diventare un’Odissea. Così Marco Taddia, un tecnico commerciale abituato a viaggiare tra Italia e Asia orientale, appena rientrato dal Giappone, ha raccontato ad askanews com’è stato complicato il suo rientro in Emilia.
Aerei non più disponibili, treni cancellati, folla in attesa di prendere un qualsiasi convoglio che riporti a casa, assenza di informazione da parte delle autorità, alberghi chiusi. Nello stesso tempo, però, un’apparente mancanza di controlli sulla questione più importante: lo stato di salute del viaggiatore, la presenza o meno di quei sintomi che potrebbero suggerire un contagio da COVID-19.
Taddia era in Giappone per lavoro e sarebbe dovuto tornare in Italia il 27 marzo. Ma, alla luce della situazione, decide di accelerare la partenza. Fortunatamente riesce, tramite agenzia di viaggio, ad anticipare il volo al 13 marzo. Solo che l’originaria tratta Tokyo-Parigi-Bologna è trasformata in una più bizzarra Tokyo-Parigi-Amsterdam-Bologna, perché il Parigi-Bologna è cancellato. Comunque, da un Giappone dove la vita procede “abbastanza normalmente anche se lentamente chiudono scuole inferiori e luoghi turistici”, Taddia si imbarca su un volo per Parigi. Apparentamente senza che gli vengano fatti controlli della temperatura corporea. O quanto meno “non mi pare di averlo notato prima dell’immigrazione”, dice.
Atterrato a Parigi, altrettanto, non gli viene effettuato, o almeno così pare, il check sulle condizioni fisiche che ci si attenderebbe. “Mi hanno fatto solo il controllo passaporto, non ho passato una zona di canalizzazione per il controllo della temperatura, ma erano le 4.40 e forse non l’ho notato anche se ho provato a cercarlo”, racconta. E, come ulteriore brutta sorpresa, gli arriva “un SMS della KLM-Air France che annuncia la cancellazione dell’Amsterdam-Bologna”. Ciononostante, gli viene comunque consigliato di andare ad Amsterdam, semplicemente perché il volo è confermato. Una scelta che l’avrebbe allontanato, non avvicinato a casa. A questo punto, in mancanza anche della possibilità di avere informazioni istituzionali – i numeri della Farnesina “erano occupati, quello di Roma, l’Ambasciata e il Consolato a Parigi avevano la segreteria” – decide di fare di testa sua.
Va alla stazione con la speranza di prendere un treno per Milano. “Sabato alla Gare de Lyon c’era un macello di studenti e italiani che hanno preso il biglietto all’ultimo e sono rimasto senza. Lo stesso giorno la SNCF aveva cancellato il treno delle 6.30 quindi sono partiti solo quello delle 10.40 e delle 14.40”, racconta. E’ così costretto a restare a Parigi, prendendo un hotel vicino alla stazione.
“Domenica hanno cancellato anche quello delle 10.40 lasciando solo quello delle 14.40”, racconta ancora Taddia, che ha documentato anche sul suo canale YouTube l’esperienza. E, quindi, deve trascorrere ancora un giorno in attesa di poter prendere un treno, e mangiando un sandwich preconfezionato, perché ormai i ristoranti e bar sono chiusi. Infine, lunedì alle 14.40, ha la fortuna di imbeccare l’ultimo convoglio possibile, prima che il presidente francese Emmanuel Macron dichiari il blocco. “Il personale di terra del SNCF ha detto a tutti di salire sul mio treno anche senza biglietto”, racconta Taddia. “I tornelli della Gare de Lyon, in cui devi passare il qrcode erano tutti aperti” e il treno era carico anche di “gente che aveva il biglietto per il giorno dopo e aveva a quel punto capito che non sarebbe partito”.
Anche in questo caso, però, apparentemente nessun controllo della temperatura in ingresso al treno. E né ce ne sono sul convoglio – dove ovviamente non controllano neanche i biglietti – o all’arrivo a Milano, dove pure incrocia i militari.
L’impressione all’arrivo a Milano, da una città come Tokyo, per Taddia è pesante. “Strade deserte, luci accese ma nulla. La piazza davanti a Milano centrale con militari, polizia e carabinieri e nulla. È stato inquietante, da film apocalittico, davvero”, racconta.
Taddia ha prenotato un albergo con una piattaforma online, prenotazione confermata. Ma, quando ci arriva, prende atto che è chiuso. Per fortuna trova un hotel che solitamente ospita anche persone che fanno terapie e lì riesce a prendere una stanza. Al mattino, a Milano Centrale, per accedere ai binari subisce l’unica richiesta di autocertificare i motivi del suo spostamento. Dopo sale su un treno per l’Emilia e, arrivato a casa dopo un’esperienza di viaggio che gli ha ricordato – dice – “il racconto che ascoltavo dal nonno sul suo ritorno dalla guerra”, si mette in auto-isolamento volontario.
Doveva arrivare a casa in una ventina di ore, ce ne ha messe quasi 100.