Roma, 20 feb. (askanews) – Urne aperte domani in Iran per le elezioni parlamentari: gli elettori saranno chiamati a designare i 290 rappresentanti delle 31 province del Paese che siedono nel Majlis, scegliendo tra 7.148 candidati, espressione perlopiù degli ultraconservatori, dopo che il Consiglio dei Guardiani ha escluso oltre 7.000 candidati moderati e riformisti, tra cui anche 80 parlamentari riformisti uscenti.
“Ad eccezione delle prime elezioni parlamentari post-rivoluzione del 1980, il parlamento della Repubblica islamica ha sempre e solo permesso a una ristretta cerchia di politici di candidarsi – ha sottolineato Arash Azizi, storico e analista iraniano, in un rapporto diffuso la scorsa settimana – ma questa volta il Consiglio dei Guardiani è andato molto oltre, espellendo la fazione riformista del regime dal campo politico”.
“Saranno le elezioni parlamentati meno competitive che si tengono in Iran dal 2004, quando riformisti e parlamentari uscenti vennero squalificati in massa – ha detto alla Cnbc Barbara Slavin, direttrice della Future of Iran Initiative del think tank americano Atlantic Counci – se la storia si ripete, un conservatore sarà eletto presidente nel 2021”.
Se l’esito elettorale appare scontato, le autorità iraniane temono una bassa affluenza alle urne, dopo che lo scontro con l’America, le difficoltà economiche e l’incidente aereo di inizio anno hanno fatto venir meno la fiducia degli iraniani nelle istituzioni. Diversi gli appelli lanciati dentro e fuori il Paese, tra cui quelli dell’attivista Narges Mohammadi e dell’ex ministro Mostafa Tajzadeh, per il boicottaggio delle urne, e su Twitter gli attivisti hanno cominciato a rilanciare messaggi sotto gli hashtag #BoycottIranShamElections e #MyVoteRegimeChange.
Secondo gli analisti, l’affluenza non toccherà il 62% registrato nelle elezioni del 2016, che segnarono una vittoria per i riformisti sulla scia dell’ottimismo popolare per l’andamento dell’economia e per una maggiore apertura del Paese al mondo. L’anno prima era stato infatti firmato l’accordo sul nucleare, seguito dalla parziale revoca delle sanzioni internazionali, e la crescita economica era proiettata verso il 6%.
La successiva decisione dell’amministrazione americana di Donald Trump di ritirarsi dall’accordo nucleare, nel 2018, la successiva reintroduzione delle sanzioni e la crescente sfiducia verso la classe politica hanno alimentato crescente scetticismo, tanto che un sondaggio condotto dall’Università di Teheran ha previsto un tasso di affluenza di circa il 50% nel Paese e di solo il 25% nella capitale.
Per questo la Guida suprema iraniana, l’ayatollah Ali Khamenei, ha rivolto nei giorni scorsi ripetuti messaggi ai cittadini per invitarli ad andare alle urne, additando il nemico di sempre, gli Stati Uniti e Israele: “Le elezioni sono un modo per rafforzare il Paese. Guardate come la propaganda americana sta cercando di dividere il popolo dal sistema islamico. Creano think tank per riuscirsi. Cercano di allontanare i giovani iraniani dal sistema islamico, ma falliranno”. E ancora: “La partecipazione alle elezioni farà fallire molti dei complotti degli Stati Uniti e del regime sionista contro l’Iran”.
Anche il presidente del Parlamento, Ali Larijani, ha sottolineato come un’alta affluenza alle urne serva al Paese per risolvere i problemi interni e costringere gli Stati Uniti a modificare la propria “campagna di massima pressione” verso Teheran. Secondo quanto riportato dai media iraniani, Larijani ha rimarcato come Washington auspichi proprio una scarsa affluenza alle urne, per usarla poi per aumentare le pressioni sul popolo e minare l’efficienza del Paese.
Sono complessivamente 57.918.000 gli aventi diritto chiamati domani nei 55.000 seggi presenti nel Paese.