Mosca, 17 mar. (askanews) – Ancora una volta nel centro di Riga, una delle capitali Ue, hanno sfilato veterani e simpatizzanti delle Waffen SS. La notizia compare in grande evidenza oggi sulla stampa russa, sulla quale svetta tra tutti un editoriale delle Izvestia: “Difendevano Hitler”. Mentre su quella locale, quella lettone, viene data notizia di cinque arresti, di singoli provocatori: “uno dei fermati più in vista è l’antifascista Alexander Gilman”, scrive l’agenzia di stampa lettone Leta, sottolinendo che non ci sono stati particolari scontri ma i “provocatori” avrebbero gridato in russo slogan come “il fascismo non passerà” e “Vergogna per la Lettonia”.
La Lettonia autorizza ogni 16 marzo dal 2008 questa controversa parata, dove partecipano ex legionari delle SS che hanno combattuto l’Urss durante la Seconda Guerra Mondiale. Erano quasi 100mila, alla fine del 1944.
Secondo la polizia lettone quest’anno erano duemila. Anche secondo le Izvestia erano “duemila lettoni a prendere parte alla marcia annuale dei veterani della Waffen SS. Alla fine del 1990 era considerata come festa nazionale. Quest’anno, i ministri lettoni hanno preferito farsi da parte, ma diversi deputati delle associazioni revansciste “Tutto per la Lettonia” e “Per la Patria e la Libertà / LNNK”, tra cui Imants Paradnieks, Raivis Dzintars, Janis Dombrava e Einars Cilinskis hanno aderito”. Sempre le Izvestia definiscono la marcia rappresenta la “metastasi di un tumore del passato”.
Totalmente diverso il punto di vista della stampa locale, che descrive il tutto come una marcia pacifica: “passeggiavano, con nelle mani bandiere lettoni, lituane ed estoni, e molti con i fiori… I partecipanti hanno cantato canzoni patriottiche, alcuni di loro avevano nelle mani manifesti, su cui era scritto: “Noi diciamo no al nazismo e al comunismo”, così come l’immagine incrociata di Adolf Hitler e Joseph Stalin, con la scritta “No a Hitler e ai regimi di Stalin””.
Non è un mistero tuttavia, che l’aspetto più controverso per la comunità che parla lettone (e non russo) in Lettonia consiste nell’associare alla condanna dell’occupazione dell’Urss una visione spesso edulcorata dei tre anni di occupazione nazista, che portò peraltro allo sterminio quasi completo della comunità ebraica locale. Il tutto deriva dal trauma dell’oppressione staliniana, sfociata in una recente legge che definisce reato penale la negazione dell’equivalenza dei crimini nazisti e sovietici.
Ad essa di aggiunge la richiesta di truppe Nato al confine con la Russia, criticata da molti politici Ue e più in generale nella sostanziale paura di quello che da quelle parti viene definito il nuovo imperialismo zarista-stalinista di Vladimir Putin. Un sentimento che si è acuito fortemente con la crisi ucraina e l’annessione della Crimea, trasformando il concetto di repubbliche sorelle che facevano parte dell’Unione Sovietica, in un’asse orientale europeo fermamente contrario alla Russia.