Roma, 13 dic. (askanews) – L’Italia – oltre a essere in testa in Europa per fondi stanziati per il PNRR (circa 191,5 miliardi di euro) – si posiziona al primo posto nella classifica degli Stati membri per risorse già erogate, con 66,8 miliardi di euro. Seguono la Spagna (31 miliardi di euro) e la Francia (12,5 miliardi). Per quanto riguarda la distribuzione dei fondi, risulta evidente come la sostenibilità energetica e ambientale sia un asse portante del Piano: le missioni 2 e 3 ‘Rivoluzione verde e transizione ecologica’ e ‘Infrastrutture per una mobilità sostenibile’ insieme costituiscono circa il 44% della dotazione complessiva, ovvero quasi 85 miliardi di euro. A livello regionale, a primeggiare in valore assoluto è il Lazio con 12,1 miliardi di progetti candidabili al PNRR per la transizione ecologica, seguito dalla Campania (con 9,4 miliardi) e dalla Lombardia (7,5 miliardi). In pole per quota di investimenti rispetto all’importo totale dei progetti candidabili è invece l’Emilia-Romagna, dove più della metà del volume economico delle proposte di finanziamento è destinato a politiche green (52%), seguita da Basilicata (50%) e Lazio (48%). In generale, il nostro Paese finora ha tenuto pienamente il passo degli impegni assunti in sede europea, avendo raggiunto gli obiettivi definiti nei tempi previsti. Maggiore lentezza si evidenzia, però, nella spesa dei finanziamenti ottenuti: sono già diversi i casi di proroga della scadenza di avvisi e bandi. Sono questi alcuni dei dati contenuti nel rapporto dal titolo ‘Italia, domani? Le sfide del PNRR tra sostenibilità e transizione energetica’ elaborato dal team di ricerca dell’Istituto per la Competitività (I-Com) e curato dal presidente dell’Istituto Stefano da Empoli e dal direttore area Energia Michele Masulli. Lo studio è stato presentato oggi nel corso di un convegno pubblico nell’ambito dell’Osservatorio SostenibilItalia, l’iniziativa di monitoraggio sull’attuazione del PNRR promossa da I-Com in partnership con A2A, Acea, Cobat, Gruppo Hera, Rwe, Unem e Utilitalia, al quale hanno preso parte oltre venti relatori tra accademici, esperti e rappresentanti delle istituzioni, della politica e del mondo delle imprese. Attualmente tutti i 27 Stati membri hanno presentato il proprio Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza alla Commissione europea. Sei Paesi (Irlanda, Polonia, Ungheria, Svezia, Bulgaria e Paesi Bassi) non hanno ricevuto la quota di prefinanziamento, mentre nove hanno conseguito la prima tranche di pagamenti. L’Italia ha già ricevuto anche la seconda rata per aver raggiunto con successo i 45 traguardi e obiettivi previsti nel PNRR per il primo semestre del 2022, affermandosi come il paese europeo che a oggi risulta avere ricevuto la somma più ingente con circa 66,8 miliardi di euro già erogati, di cui 28,9 in sussidi e 37,9 in prestiti. Seguono poi la Spagna con circa 31 miliardi di euro a titolo di sovvenzioni e la Francia con 12,5 miliardi. La sostenibilità ambientale è un asse portante del Piano. La Missione 2, denominata ‘Rivoluzione verde e transizione ecologica’, impiega il 31% delle risorse a disposizione che, sommato all’11% destinato alla Missione 3 ‘Infrastrutture per una mobilità sostenibile’, porta lo stanziamento totale per la transizione energetica a circa 85 miliardi di euro. Inoltre, il Ministero della Transizione Ecologica (oggi Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica) risulta il primo per avanzamento degli investimenti: al mese di ottobre erano stati pubblicati, infatti, avvisi e bandi per oltre 22 miliardi di euro, ovvero circa un quarto (23,6%) di tutti quelli attivati dall’inizio del programma. Inoltre, erano stati raggiunti 14 dei 20 risultati previsti per il secondo semestre 2022, aggiudicati progetti per 450 milioni di euro e chiuse le fasi di ricezione delle proposte relative a procedure e bandi per oltre 7 miliardi. ‘Maggiore lentezza si evidenzia nella spesa dei finanziamenti ottenuti’, ha sottolineato il direttore dell’area Energia e co-curatore del rapporto Michele Masulli, ‘sono infatti già diversi i casi di proroga della scadenza del termine di avvisi e bandi a valere sul PNRR. Inoltre, dall’ultima Nota di Aggiornamento del DEF si apprende che alla fine del 2022 le risorse impiegate nell’anno ammonteranno a 15 miliardi di euro, ovvero 14,4 miliardi in meno rispetto ai 29,4 miliardi previsti dal Documento di Economia e Finanza. La posticipazione di una parte della spesa prevista dal DEF non riguarda solo il 2022 ma anche il biennio successivo, per una somma complessiva che ammonterà a 16,4 miliardi di euro redistribuiti sugli ultimi due anni del programma, il 2025-2026’. ‘Il 2023 sarà denso di scadenze rispetto agli investimenti e riforme da portare a termine. Il PNRR rappresenta di certo un’occasione di investimento e spesa eccezionale’, ha commentato il presidente di I-Com Stefano da Empoli. ‘Ma oltre a impegnare i fondi secondo le scadenze stabilite, occorrerà fare in modo che il rendimento interno dei progetti sia superiore rispetto a impieghi alternativi della spesa pubblica. Senza dimenticare che non ci sono solo investimenti da portare a termine ma anche, e per certi versi soprattutto perché più decisivi nel lungo termine, le tante riforme necessarie per modernizzare il nostro Paese, a partire dalla pubblica amministrazione centrale e locale’. La transizione ecologica è una necessità molto sentita anche da parte degli enti territoriali e rappresenta la seconda tra le sei missioni per volume di investimenti candidabili. Nello specifico, la Missione 2 ha mobilitato 33.698 proposte per un ammontare complessivo di circa 70 miliardi di euro, cifra superiore ai 59,46 miliardi previsti nel Piano. Per quanto riguarda le regioni, a primeggiare in valore assoluto per progetti candidabili è il Lazio con 12,1 miliardi di euro, seguito dalla Campania (con 9,4 miliardi) e dalla Lombardia (7,5 miliardi). In pole per quota di investimenti rispetto all’importo totale dei progetti candidabili è invece l’Emilia-Romagna, dove più della metà del volume economico delle proposte di finanziamento è destinato a politiche green (52%), seguita da Basilicata (50%) e Lazio (48%). La netta maggioranza dei fondi (52,4 miliardi di euro), anche in virtù delle competenze degli enti territoriali, è stata richiesta per progetti di ‘Tutela del territorio e della risorsa idrica’, nonostante siano stati previsti nel PNRR soltanto 15,05 miliardi. Nello studio I-Com, infatti, è evidenziato come, nonostante la crescita degli investimenti, le perdite lungo le reti idriche di distribuzione siano ancora molto rilevanti: nel 2020 raggiungevano gli 0,9 miliardi di metri cubi, pari al 36,2% del volume immesso in rete, in leggero calo rispetto al 37,3% del 2018. Le regioni in cui le perdite sono più ingenti sono le Isole e il Lazio, l’Umbria e l’Abruzzo. Determinante è l’obsolescenza delle condutture: il 35% ha un’età compresa tra 31 e 50 anni. Notevoli differenze tra le regioni si segnalano in riferimento all’economia circolare, per il cui potenziamento il PNRR ha destinato 2,1 miliardi di euro. Sebbene in Italia il tasso di uso circolare di materia si attesti al 21,6% – ben al di sopra della media europea (12,8%) – resta da colmare il divario Nord-Sud: il Settentrione d’Italia registra, ad esempio, la migliore performance per raccolta differenziata con una media del 70,8% (sensibilmente più elevata rispetto a quella italiana del 63%), mentre il Centro si distacca da questa soglia per 5 punti percentuali e il Mezzogiorno addirittura per oltre 11 punti. Nel complesso, più della metà delle regioni italiane si colloca ancora al di sotto dell’obiettivo minimo del 65%. Al gap di qualità ed efficienza del servizio corrisponde anche un divario dei costi di gestione. Stando ai dati relativi al costo totale annuo pro capite del servizio di gestione dei rifiuti urbani, emerge come, con 222 euro per abitante (+10,5 euro rispetto al 2019) il valore maggiore è fatto registrare dalle regioni del Centro, seguito dal Sud con 196 euro/abitante (+4,3 euro) e dal Nord con 166 euro/abitante (+10,1 euro). Si segnala, altresì, un importante deficit impiantistico. Oltre la metà del totale degli impianti per il trattamento dei rifiuti urbani è collocato al Nord: su 673 impianti totali, 359 (il 53,3%) sono situati nelle regioni settentrionali, 271 (il 31,4%) al Sud, e solamente 120 (il 17,8%) nelle regioni del Centro Italia. Il Centro-Sud registra non solo un numero decisamente inferiore di impianti, ma anche una significativa mancanza di alcune specifiche tipologie di impianto necessarie per la chiusura del ciclo di gestione. La transizione ecologica richiede, al contempo, un notevole processo di decarbonizzazione e di sicurezza dell’approvvigionamento. In questa prospettiva, un ruolo importante è giocato dal fotovoltaico e dall’eolico. Il rapporto fa notare come le richieste di connessione di nuovi impianti alla rete elettrica abbiano conosciuto una crescita notevole: alla fine del 2020 le richieste di connessione di impianti fotovoltaici ed eolici superavano i 95 GW (relative per circa il 90% a regioni del Sud e alle isole), dei quali 57 di fotovoltaico e 38 di eolico. Tuttavia, da anticipazioni di Terna, emerge che a fine ottobre le richieste di connessione alla rete di trasmissione nazionale di nuovi impianti di energia rinnovabile hanno raggiunto il valore complessivo di circa 300 GW di potenza (di cui il 36% da fonte solare e il 74% eolico). Una tecnologia che in Italia sta muovendo i primi passi ma che mostra un notevole potenziale è rappresentata dall’eolico offshore. Esso oggi presenta poco più dell’8% della capacità eolica UE ed è perlopiù concentrato in Germania. La stessa Commissione europea ha stabilito un target per l’offshore di almeno 60 GW di potenza al 2030, 4 volte la capacità attuale, e di 300 GW al 2050. Stando ai dati Terna, in Italia emerge che al 30 ottobre 2022 le richieste di connessione alla rete di impianti offshore superino i 95 GW, oltre il 200% in più rispetto a quelle pervenute a dicembre 2021. Le tecnologie flottanti permettono l’utilizzo della risorsa eolica a elevate profondità dei fondali e dove le fondazioni fisse non possono essere impiegate. Risulta tuttavia necessario agire sui processi amministrativi e snellire gli iter autorizzativi, cercando un punto di equilibrio tra promozione delle energie pulite ed esigenze di tutela del paesaggio. Un’ulteriore linea d’intervento nel processo di transizione ecologica è l’elettrificazione della mobilità . Nel 2021 le auto elettrificate hanno raggiunto, a livello di vendite annuali, una quota di mercato del 38,8%, circa 6 volte superiore a quella registrata nel 2019 (6,6%). Ciononostante, le auto ibride e a batterie non raggiungevano i 3 punti percentuali sul parco circolante. Al 2021 l’Italia è il quinto Paese europeo per numero di punti di ricarica con il 7,7% del totale UE. La Penisola viene preceduta dai Paesi Bassi, che mostrano più del 29% dei punti di ricarica, dalla Germania (19,4%), dalla Francia (12,1%) e dalla Svezia (8,2%). Al 30 settembre 2022 in Italia risultano installati quasi 32.800 punti di ricarica in 16.700 stazioni o colonnine e 13.200 location accessibili al pubblico. Tuttavia, il 12% circa delle infrastrutture installate non è utilizzabile dagli utenti finali in quanto non collegato alla rete elettrica da parte del distributore o a causa di motivazioni autorizzative. E, ancora una volta, si registra una distribuzione geografica disomogenea dei punti di ricarica: il Nord Italia ne ha il 57%, il Centro il 23% e il Sud e le Isole il restante 20%.
Pnrr, I-Com: Italia prima in Europa per risorse erogate
Con 66,8 miliardi di euro ma lentezza nella spesa degli investimenti