Auto Roma, 27 giu. (askanews) – “Accettare la proposta Europea di non consentire più la vendita di nuove autovetture e veicoli commerciali leggeri con motore endotermico, benché utilizzabili con combustibili rinnovabili low-carbon e carbon-negative, significa stroncare il percorso d’investimento già intrapreso da anni” dalle filiere di petrolio, gas e combustibili fossili. E questa proposta Ue rischia di cancellare “oltre 100 mila posti di lavoro in Italia”. E’ la dura denuncia che le associazioni del settore, Assogasmetano, Assopetroli-Assoenergia e Federmetano lanciano assieme al loro “grido di allarme”, reiteraro in una nota congiunta in vista del Consiglio Ambiente di domani, rivolgendosi al presidente del Consiglio, Mario Draghi, e ai ministri della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, e dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti. Associazioni Assogasmetano, Assopetroli-Assoenergia e Federmetano, si legge, reiterano il grido d’allarme sollevato nei mesi scorsi in merito alle drammatiche ripercussioni che le misure europee sulla messa al bando del motore endotermico al 2035 avranno sul sistema distributivo, economico, industriale e occupazionale del nostro Paese. Le scriventi associazioni del settore carburanti, fuels rinnovabili e low carbon, puntano il dito contro le misure europee sulla messa al bando del motore endotermico al 2035 (proposta della Commissione Ue di modifica del Regolamento 2019/631, pacchetto “Fit for 55”) e le ricadute che avranno sul sistema distributivo, economico, industriale e occupazionale del nostro Paese. Le filiere industriali italiane automotive e carburanti, si legge, con le imprese della distribuzione, stanno portando avanti da tempo programmi e investimenti per contribuire in modo concreto e immediato alla lotta ai cambiamenti climatici e alla salvaguardia dell’ambiente, in un’ottica di economia circolare. Programmi e investimenti che consentono già oggi – con l’impiego di tecnologie fruibili, affidabili e già diffuse nel nostro Paese – di conciliare le esigenze di mobilità della popolazione (di ogni fascia di reddito) con il necessario abbattimento delle emissioni e che, se portati avanti, permetteranno di ottenere benefici su vasta scala, perché miglioreranno e sosterranno soluzioni economicamente accessibili a tutti (cittadini e imprese) e immediatamente utilizzabili, grazie a un’infrastruttura capillare e idonea, senza forzature del sistema. Enorme è, rivendicano infatti le associazioni, il contributo in termini di abbattimento delle emissioni di CO2 ottenibile con l’uso di combustibili rinnovabili low-carbon e carbon-negative nei veicoli endotermici leggeri e pesanti. Questi devono essere considerati quindi una soluzione imprescindibile, assieme alla mobilità elettrica, per traguardare la decarbonizzazione dei trasporti in modo sostenibile anche sul piano economico, industriale, occupazionale e sociale. “Accettare la proposta Europea di non consentire più la vendita di nuove autovetture e veicoli commerciali leggeri con motore endotermico, benché utilizzabili con combustibili rinnovabili low-carbon e carbon-negative, significa stroncare il percorso d’investimento già intrapreso da queste filiere negli ultimi anni. Un percorso – proseguono – alimentato dalle capacità imprenditoriali italiane, diretto a centrare obiettivi ambientali sempre più sfidanti e mettere a disposizione di un’ampia utenza soluzioni ecocompatibili (es. tecnologie innovative applicate ai motori endotermici per avere veicoli più ecologici, aumento della produzione di carburanti rinnovabili e di origine bio, aumento dei punti vendita di combustibili alternativi come il gas naturale compresso e liquefatto, che già erogano una consistente percentuale di prodotto 100% rinnovabile)”. Avallare la proposta Europea implica rinunciare ai benefici ottenibili con queste tecnologie e impostare la mobilità del futuro essenzialmente su una sola tecnologia, con conseguenti incertezze dovute a una mancata diversificazione del rischio, affidandosi a soluzioni non ancora mature – in termini di veicoli e infrastrutture – ed esponendosi a una dipendenza da materie prime (terre rare, litio, ecc.) e tecnologie propri di altri paesi extraeuropei, principalmente asiatici, nel tentativo di convertire l’industria nazionale o europea per colmare un gap difficilmente recuperabile. Ciò comporta pesanti conseguenze sul piano occupazionale, con la possibile perdita in Italia di oltre 100.000 posti di lavoro, di cui circa 73.000 nel solo settore automotive al 2040, dei quali 67.000 già nel periodo 2025-2030 (secondo il recente studio di CLEPA, associazione dei componentisti automotive europei, “PwC Strategy& – Electric Vehicle Transition Impact Assessment Report 2020 – 2040”). Il rischio che stiamo correndo è l’irreparabile compromissione dell’economia del Paese senza che gli agognati e condivisi obiettivi di decarbonizzazione siano realmente raggiunti. Per tali ragioni, prosegue la comunicazione, le scriventi Associazioni chiedono al Governo di ribadire la posizione contraria del nostro Paese a tali misure e di rinegoziare una soluzione che lasci aperte più vie percorribili per raggiungere i medesimi obiettivi di tutela dell’ambiente, difendendo l’eccellenza italiana ed evidenziando le debolezze e le inadeguatezze della proposta della Commissione. Prima inadeguatezza fra tutte, il metodo di valutazione delle emissioni che sta alla base della proposta stessa (emissioni esclusivamente allo scarico, tank to wheel). Sarebbe opportuno rinviare ogni decisione sulle soluzioni adottabili per traguardare la decarbonizzazione almeno fino a quando non saranno disponibili le prime valutazioni delle emissioni dei veicoli leggeri fondate sulla metodologia comune europea che la Commissione dovrebbe sviluppare entro il 31/12/2023 per la valutazione e la comunicazione coerente dei dati di CO2 relativi al ciclo di vita delle emissioni dei veicoli leggeri e sulla valutazione delle prestazioni ambientali complessive dei veicoli stessi (non solo in termini di emissioni di CO2). In quest’ambito sarebbe importante l’implementazione di meccanismi volontari come il “crediting system”, che tengano conto dei benefici ambientali addizionali dei fuel rinnovabili, low-carbon e carbon-negative. Meccanismi che – se fossero adottati nella regolamentazione europea – favorirebbero lo sviluppo dei carburanti rinnovabili liquidi e gassosi a basse emissioni, indispensabili per contribuire da subito alla riduzione delle emissioni di CO2 nei trasporti su strada. Negli ultimi decenni il settore della distribuzione dei carburanti per autotrazione è già stato al centro di un complesso percorso di evoluzione. Dopo una fase di razionalizzazione avviata dal Decreto Legislativo 32/98, seguita nel 2001 da un periodo di ammodernamento e poi di liberalizzazione, con il recepimento della Direttiva 2014/94/UE (DAFI) dal 2017 la rete delle stazioni di rifornimento è stata protagonista – per imposizione normativa o per volontà imprenditoriale – di importanti investimenti privati e pubblici per favorire l’aumento di punti vendita di soluzioni a basso impatto ambientale (gas naturale compresso e liquefatto, GPL, punti di ricarica per i veicoli elettrici), con un aumento progressivo della quota di combustibili rinnovabili venduti per autotrazione. Questa infrastruttura ha un ruolo strategico per una maggiore diffusione dei combustibili rinnovabili, low-carbon e carbon-negative, e per l’implementazione di una rete efficace di punti di ricarica elettrica ad alta potenza, indispensabile per la diffusione dei veicoli elettrici. Il futuro della rete distributiva dei carburanti e degli operatori che vi lavorano, come qualsiasi investimento in una riqualificazione o “riconversione”, dipende però dall’esito delle negoziazioni sulla proposta di modifica del Regolamento (UE) 2019/631. “Auspichiamo perciò che questo appello venga accolto e che questo patrimonio nazionale di eccellenza sia difeso, per il bene del Paese e dell’Europa stessa”. La missiva è firmata dai presidenti di Assogasmetano, Flavio Merigo, Assopetrolio-Assoenergia, Andrea Rossetti e Federmetano, Dante Natali.
Associazioni gas e petrolio: bando Ue motori stronca 100mila posti
Grido di allarme da Assogasmetano, Assopetroli e Federmetano