Banche Bruxelles, 14 giu. (askanews) – E’ fallito, almeno per ora, il tentativo annunciato all’inizio di maggio dal presidente dell’Eurogruppo, Paschal Donohoe, di stabilire entro giugno una tabella di marcia a tappe serrate per completare entro pochi anni l’Unione bancaria europea. Lo ha riconosciuto oggi a Bruxelles una fonte qualificata coinvolta nelle riunione dell’Eurogruppo, a 48 ore dall’inizio della prossima riunione, a Lussemburgo, dei ministri delle Finanze dell’Eurozona. Il progetto, ha affermato la fonte, “non è morto, ma diciamo che sta dormendo da un po’ di tempo”, riferendo che nelle scorse settimane, Donohoe ha cercato di avvicinare le posizioni divergenti degli Stati membri, e sono stati fatti dei passi avanti, ma non tali da far sperare di poter mettere il completamento dell’Unione bancaria sui binari della tabella di marcia vagheggiata dal presidente dell’Eurogruppo. “Speravamo che la proposta ambiziosa ed equilibrata ma realistica del presidente dell’Eurogruppo avrebbe spianato la strada per un accordo questa settimana, ma sfortunatamente, a dispetto dei migliori impegni e sforzi di tutti, non sussiste un consenso per quanto riguarda tutto il piano dl lavoro”, ha osservato la fonte. E, con riferimento alle conseguenze della guerra in Ucraina e dei rincari energetici, ha aggiunto: “Dobbiamo riconoscere che gli Stati membri stanno fronteggiando diverse sfide molto urgenti di natura sociale, economica e geopolitica, e questo sta consumando molto del loro tempo e delle loro risorse. Purtroppo tutto ciò può aver contribuito a diffondere un senso di minore urgenza riguardo al progetto di Unione bancaria. Dunque il presidente dell’Eurogruppo ha dovuto trarre la conclusione che è meglio a questo punto spingere avanti la parte di lavoro per cui ci sono le migliori chance di successo, piuttosto che insistere su tutto il piano complessivo”. I ministri finanziari dell’Eurozona, quindi, cercheranno giovedì di trovare un’intesa di massima sulla continuazione del lavoro almeno riguardo a due elementi: le nuove regole sulla risoluzione ordinata delle crisi bancarie (Bank Resolution Recovery Directive) e sui sistemi nazionali di assicurazione dei depositi (Deposit Guarantee Schemes). Si tratta di due direttive che esistono già nel 2014, ma che da sole non bastano a completare l’Unione bancaria. Non sono in vista progressi, invece, per quanto riguarda il terzo elemento, cruciale: il sistema comune europeo di assicurazione dei depositi (Edis), che la Commissione aveva proposto nel novembre 2015, e che da allora è rimasto bloccato. L’Edis è un’assicurazione comune europea che interverrebbe se non bastassero i fondi nazionali nel caso di una grave crisi bancaria in uno o più Stati membri. L’obiettivo è assicurare comunque il principio secondo cui i risparmiatori avrebbero una garanzia totale fino a 100.000 euro per il loro denaro depositato in qualunque istituto dell’Unione bancaria. Ma il dispositivo dell’Edis si basa su una solidarietà finanziaria fra gli Stati membri che alcuni paesi (Germania, Olanda, Finlandia) non sono diposti a condividere, almeno fin quando non sarà stato ridotto il rischio di gravi crisi bancarie nei paesi finanziariamente meno robusti. E questa riduzione del rischio, secondo i paesi che la esigono, passa per una riduzione dell’esposizione delle banche al debito sovrano nazionale del paese in cui risiedono. In altre parole, i paesi del Sud, e l’Italia in particolare, dovrebbero accettare di veder ridurre drasticamente i propri titoli di Stato detenuti dalle banche sul proprio territorio, o accettare che questi titoli pesino negativamente sui criteri prudenziali di valutazione del rischio di quelle stesse banche. Naturalmente l’Italia e gli altri paesi del Sud si oppongono con forza a questa richiesta.
Unione bancaria, sfuma il tentativo di fissare una tabella di marcia
Fonti Ue: "Il progetto non è morto, è solo addormentato"