Auto Milano, 22 apr. (askanews) – Le emissioni di un’auto elettrica dalla sua fabbricazione alla rottamazione possono essere fino a 29 volte più basse rispetto a una vettura endotermica. E’ quanto emerge da uno studio realizzato dalla Fondazione Caracciolo e dal Centro di ricerca CARe dell’Università degli Studi Guglielmo Marconi, presentato agli Electric Days al Maxxi a Roma. Prendendo il range di migliore e peggiore casistica possibile, lo studio mostra che le vetture elettriche, nel loro completo ciclo di vita, possono arrivare a produrre emissioni che oscillano da un minimo di 5,5 g/km (100% rinnovabili) per una Smart elettrica (nel migliore dei casi), molto vicino allo zero effettivo, a un massimo di 155 g/km (ricarica 70% o più con energia fossile). Per una Tesla Model 3, invece si va da un minimo di 10,1 g/km a un massimo di 263,8 g/km. I valori sono relativi all’intero ciclo di vita e non sono pertanto direttamente confrontabili con i valori di omologazione delle vetture, riferiti alle sole emissioni allo scarico. Inoltre, non esistono studi analoghi sulle emissioni complessive delle vetture endotermiche. Ma secondo stime formulate dallo stesso gruppo di ricerca, per una vettura come una Smart benzina il valore minimo è oggi stimabile in 146 g/km CO2 (29,2 volte superiore ai 5,5 g/km del “migliore elettrico”), mentre il valore massimo è dello stesso ordine di grandezza della peggiore condizione per l’auto elettrica oggetto dello studio (oltre 250 g/km CO2). Lo studio evidenzia anche come tra i fattori di maggiore produzione di CO2 figurino l’estrazione dei materiali per la costruzione delle batterie e il mix energetico utilizzato per costruzione e assemblaggio del veicolo. Ad esempio, la Carbon Footprint (l’impronta di emissioni di carbonio in atmosfera) di un veicolo costruito e assemblato in Cina (con attuale mix in prevalenza di fossili) supera di oltre il 35% quella dello stesso veicolo costruito e assemblato in Europa. Anche le modalità di produzione e distribuzione dell’energia elettrica (da fonti rinnovabili o da fonti fossili) per la ricarica del veicolo incidono fortemente sull’impronta carbonica: prelevando l’energia elettrica dalla rete si può avere una Carbon Footprint di circa 9 volte maggiore rispetto al prelievo da un impianto di produzione da fotovoltaico (100% fonte rinnovabile). Anche le caratteristiche del veicolo (massa e capacità della batteria) incidono significativamente. Ad esempio, un’auto di segmento D (ad esempio Tesla Model 3), tra le più virtuose in termini di efficienza nella sua gamma, supera la Carbon Footprint di un’auto di segmento A (ad esempio Smart EQ) di quasi il 40%. “Lo studio evidenzia l’importanza di sostenere lo sviluppo delle fonti rinnovabili, al fine di amplificare il contributo dell’auto elettrica alla riduzione delle emissioni. La crescita della domanda energetica non supportata da una immediata sostituzione delle fonti fossili con quelle rinnovabili ha un impatto sui consumi di gas (e di carbone?), in un circolo vizioso senza fine”, osserva Francesco Ciro Scotto, Coordinatore studi e ricerche della Fondazione Caracciolo.
Auto, emissioni ciclo vita Bev fino a 29 volte inferiori a termiche
Produzione Cina +35% CO2 rispetto Ue. Studio F. Caracciolo e CARe