Roma, 13 feb. (askanews) – Il settore moda italiano “continua a crescere anche nel 2018” con un giro d’affari totale di 71,7 miliardi, in crescita del 3,4% rispetto all’anno prima e del 22,5% nel confronto con il 2014. Lo rileva Mediobanca nella nuova edizione del report sul sistema moda, secondo cui “le società quotate primeggiano per redditività e, tra queste, sono ancora più profittevoli le realtà con un controllo familiare”.
Per il fashion Made in Italy “si tratta di una crescita importante che ha avuto nel 2015 una notevole impennata (+9,4%) e che, nonostante abbia rallentato negli anni successivi, non è mai stata inferiore al +3,4% annuo”. Insieme al fatturato aggregato “cresce anche il peso del comparto sul Pil nazionale (1,2%, contro l’1,1% del 2014) rispetto al quale la moda nell’ultimo quinquennio ha viaggiato a una velocità quasi doppia. Bene anche gli utili, che nel 2018 ammontano a 3,7 miliardi (+25,2% sul 2014)”.
Tra i comparti, spiega l’Area studi di Mediobanca, “spicca l’abbigliamento, che da solo determina il 42,6% dei ricavi aggregati, seguito dalla pelletteria (23,1%) e dall’occhialeria (15,6%)”. Per la crescita media annua delle vendite nel 2014-2018 “si distingue la gioielleria (+10,9%) seguita dal comparto pelli, cuoio e calzature (+6,2%), dal tessile (+5,7%), dalla distribuzione (+4,9%), dall’abbigliamento (+4,5%) e dall’occhialeria (+3,7%)”.
Si conferma importante “la presenza di gruppi stranieri nella moda italiana: 70 delle 173 aziende hanno una proprietà straniera e in tutto controllano il 34,7% del fatturato aggregato (il 14,2% è francese, fra cui Lvmh e Kering, entrambe con il 5,4%). Notevole l’incremento rispetto al 2014 (quando i gruppi stranieri controllavano il 23,9% del fatturato), dovuto in gran parte all a velocità quasi quattro volte superiore a cui queste società sono cresciute rispetto a quelle a controllo italiano”.
Nonostante questo, aggiunge Mediobanca, “le società a controllo italiano performano meglio in quanto a redditività (ebit margin al 9,3%) rispetto a quelle controllate da gruppi stranieri (6,2%). Sono in particolare le aziende quotate con la quota di maggioranza in capo a una famiglia che segnano l’Ebit margin migliore (13,4%) e che al contempo si mostrano più propense all’export (l’86,1% del loro fatturato proviene dall’estero)”.