Roma, 10 set. (askanews) – La chiusura dei centri commerciali la domenica favorirebbe l’e-commerce ma se le intenzioni sono di limitare anche l’operatività delle vendite online “allora sarebbe un grande danno per il paese”. E’ quanto afferma Roberto Liscia, presidente di Netcomm, il consorzio del commercio elettronico italiano che critica l’orientamento del governo in materia di liberalizzazioni nel commercio.
“Chiudere i centri commerciali la domenica – afferma ad askanews – significa favorire l’e-commerce in quanto è lo stesso tipo di consumatore”. Ma limitare l’e-commerce con il divieto di processare gli ordini di domenica significa “favorire i grandi player internazionali – continua Liscia – che hanno elevati livelli di efficienza che gli consentono di recuperare lo stop della domenica”.
Il presidente Netcomm lancia l’allarme sulla perdità di occupazione e punti di Pil. “Vietare le vendite di domenica – afferma – significa che uno spagnolo acquisterà vini in Francia. La competitività dell’Italia verrebbe danneggiata. Piuttosto dobbiamo lavorare affinché le piccole realtà commerciali italiani diventino digitali. In paesi come Francia, Gran Bretagna e Germania si sta programmando la consegna dei prodotti anche il sabato e la domenica”.
Secondo Liscia non c’è una contrapposizione tra online e commercio tradizionale. “Chi acquista nell’online e nelle strutture tradizionali – indica Liscia – spende tre volte rispetto ai consumatori che acquistano solo su un canale,. E-commerce e commercio tradizionale non sono alternativi. Devono poter collaborare”.
Le parole del presidente di Netcomm sul rapporto tra internet e negozi fisici trovabo conferma anche nel rapporto annuale sull’e-commerce realizzato dalla Casaleggio Associati. Negli Stati Uniti ad esempio l’e-commerce è la principale ragione delle chiusure di negozi di colossi del commercio come Toys, Foot Locker e Gap ma negli ultimi anni il saldo tra aperture e chiusure di negozi è positivo.
“I negozi fisici – si legge nell’ultimo rapporto della Casaleggio – continuano e continueranno dunque ad essere presenti, come parte dell’esperienza d’acquisto. In alcuni casi potranno fungere prevalentemente da “generatore di esperienza” o da showroom, per consentire al cliente di conoscere il prodotto, provarlo ed entrare in contatto con il brand. Andare in negozio sarà considerata sempre più un’esperienza paragonabile ad andare al cinema a vedere un film, invece che guardarlo a casa. Il consumatore si aspetta attività coinvolgenti, come gli eventi, nonché l’utilizzo di tecnologia, come ad esempio la realtà aumentata, per provare i capi solo virtualmente o ottenere suggerimenti per gli abbinamenti”.