Bruxelles, 23 mag. (askanews) – I quattro paesi cosiddetti “frugali” dell’Ue, Austria, Olanda, Danimarca e Svezia, hanno presentato oggi un “non paper” intitolato “sostegno Ue per una ripresa efficiente e sostenibile dalla crisi del Covid-19”, in risposta all’iniziativa franco-tedesca di lunedì scorso che prevedeva la creazione di un Fondo di rilancio europeo da 500 miliardi di euro.
La proposta dei Quattro è di predisporre “un Fondo d’emergenza temporaneo e ‘una tantum’ per sostenere la ripresa economica e la resilienza dei nostri settori sanitari in caso di possibili future ondate” di contagi.
Il “non paper”, di sole due pagine, puntualizza che i quattro paesi non possono dare il proprio accordo per “qualsiasi strumento o misura che conduca a una mutualizzazione del debito o ad aumenti significativi del bilancio Ue”; ma i “Frugal Four” si dicono favorevoli a un “Fondo d’emergenza per la ripresa basato su un approccio ‘prestiti per prestiti'”.
In altre parole, viene accettato il principio di raccogliere sul mercato, con titoli di debito emessi dalla Commissione, i fondi per finanziare la ripresa negli Stati membri più colpiti dalla crisi, ma solo attraverso prestiti agevolati, e non mediante sovvenzioni a fondo perduto, come invece prevede la proposta franco-tedesca.
In più, i “Frugal Four” chiedono che i finanziamenti Ue siano diretti a “sostenere riforme nazionali e rafforzare il mercato unico”, affermando che “un forte impegno per le riforme e per il quadro di bilancio è essenziale per promuovere la crescita potenziale”.
Questo “Fondo d’emergenza per la ripresa”, di cui non viene specificato l’ammontare, dovrebbe durare solo due anni, ed essere aggiunto al bilancio comunitario pluriennale 2021-2027, che secondo i Quattro non va aumentato, ma profondamente modificato e “modernizzato” per ridistribuire le risorse secondo le nuove priorità, togliendole dalle “aree che sono meno suscettibili di contribuire alla ripresa”.
Inoltre, i “Frugal Four” insistono sul fatto che, nonostante la Brexit, debbano essere mantenuti gli “sconti” alle contribuzioni degli Stati membri più ricchi al bilancio Ue, che erano stati decisi in passato per controbilanciare il “rebate” britannico che aveva ottenuto nel 1984 l’allora premier britannica Margaret Thatcher.