Milano, 10 mag. (askanews) – Il controllo, le contraddizioni, il senso di una pratica artistica che tende a ritrarsi e, in questo modo, arriva ad affermarsi in modo ancora più evidente. La mostra personale di Giulio Bensasson, “Losing Control” alla Fondazione Pastificio Cerere di Roma ha qualcosa di profondo, attinge a immaginari del cinema e della letteratura e sorprende. A partire dallo stupefacente incontro con superfici piastrellate candide in un sotterraneo sospeso tra la fantascienza e il post industriale.
“Quella che dovrebbe essere una superficie a cui siamo abituati e che continuiamo a pulire costantemente – ha detto l’artista ad askanews – diventa in questo caso una superficie estranea e particolare rispetto alla naturalità dello spazio che è connotato dal deperimento dovuto al tempo e all’abbandono”.
Estraneità che diventa elemento di contraddizione, nel senso fecondo della parola, e che innesca il senso di fondo della mostra, ossia la perdita del controllo e l’arricchimento che può derivare da questa operazione apparentemente di rinuncia. E la curatrice della mostra, Francesca Ceccherini, ha voluto sottolineare come il tema della rimozione sia un altro dei cardini su cui si regge l’esposizione. “Questa necessità di controllare la pulizia, di detergere, di compiere azioni per cancellare ogni traccia – ci ha spiegato – che ci ricorda la caducità e che ci ricorda che stiamo andando verso la morte, è stata centrale sin dall’inizio nel percorso che abbiamo costruito. E questo si vede attraverso due facce opposte, ma che sono complementari”.
Dopo il sotterraneo e le sue illuminazioni, la mostra si sposta infatti nel silos del Pastificio Cerere con una seconda installazione site specific, nella quale Bensasson ha recuperato delle dispositive dall’archivio di un artista e ha lasciato che il tempo facesse il proprio corso sulle pellicole. Un’operazione, dopo la forza dell’intervento sotterraneo, che ribalta la prospettiva, ma sempre nel contesto della rinuncia a un’idea univoca di controllo.
“Il controllo non è nostro – ha aggiunto Giulio Bensasson – quindi dobbiamo lasciare che le cose accadano, chiaramente vivendole in una maniera cosciente e consapevole, ma non possiamo controllarne ogni aspetto, non possiamo controllarne le imperfezioni e le sbavature che sono proprie della nostra vita quotidiana, quindi quando ci si trova di fronte a una superficie del genere, che è pulita e controllata nei minimi dettagli si dovrebbe avere una sensazione di paura e di timore di quel controllo”.
Come il monolite di Kubrick, anche le pareti immacolate di Bensasson ispirano al tempo stesso timore ed emozione, così come le diapositive marcano una sensazione di tempo che assume una portata più vasta, universale. E per la Fondazione Pastificio Cerere si tratta di un altro momento di valorizzazione di nuove figure sulla scena del contemporaneo.
“La mostra di Giulio Bensasson – ha sottolineato il direttore artistico Marcello Smarelli – nasce nell’ambito di un programma della Fondazione Pastificio Cerere che è iniziato da molti anni ed è nato dal premio ‘Sei artista” dedicato ai giovani artisti ed è proseguito negli anni con particolare attenzione anche ai giovani curatori”.
Un’attenzione che in questo caso diventa proposizione, diventa complessità, diventa esperienza del molteplice, diventa affermazione artistica.
(Leonardo Merlini)