Milano, 29 giu. (askanews) – Un balzo nel cielo più blu, osservando la meraviglia della laguna veneta, affacciati alla “terrazza” più esclusiva del mondo, un piccolo autogiro (ultraleggero a metà tra aereo ed elicottero) che vola là dove nessuno ha mai osato farlo prima: 8.399 metri (27.556 piedi), la quota solcata normalmente dai jet di linea ma che, per una volta, è diventata il regno incontrastato del velivolo e della sua pilota, l’astrofisica italiana Donatella Ricci che, dall’8 novembre 2015, è la detentrice del record mondiale assoluto di quota con questo apparecchio. Un primato tutto “made in Italy”.
Donatella – che alterna il suo lavoro nel program office degli elicotteri Nh90 in Leonardo-Finmeccanica a Venezia con l’impegno di istruttrice di volo all’Università del Vds, club “Papere vagabonde” di Caposile, vicino a Jesolo – ha raccontato la sua avventura in un bel libro, “Il record di volo in autogiro: 8.399 metri sopra il cielo”, edito da Mursia (107 pagg.), scritto con lo stesso entusiasmo e la passione che hanno contraddistinto l’autrice nella sua maniacale e difficile preparazione del volo da record, durata 11 mesi.
Un libro da leggere tutto d’un fiato che ti conquista fino a proiettarti nella cabina assieme alla pilota, lottando con lei mentre arranca, metro dopo metro, in cerca di quel record che, nel 1931, è appartenuto anche all’icona delle donne aviatrici, Amelia Earhart (“soli” 5.613 metri). Una rincorsa metodica e centellinata; una storia di grandi gioie e piccole delusioni, vittorie e sconfitte, tentativi ed esperimenti. Sopra ogni cosa, però, una storia di caparbietà e determinazione, per trasformare, passo dopo passo, il sogno in realtà.
Dalla lotta contro la burocrazia, alla ricerca della dieta perfetta e delle modifiche necessarie per alleggerire se stessa e l’autogiro, un Magni M16 standard di fabbricazione italiana, per guadagnare qualche metro in più, fino alla battaglia contro la solitudine, il vento e il freddo rigido dell’alta quota (-48°) che hanno messo a dura prova tanto Donatella Ricci quanto gli strumenti e i comandi dello stesso autogiro, per concludere con quel grido liberatorio urlato per radio sul tetto del mondo: “Ce l’ho fatta. Sono a 27.500 piedi”.
“Ho imparato che ognuno è artefice della propria strada – scrive l’autrice – ciò che troppe volte ci appare impossibile è spesso solo bloccato dalla nostra stessa mente. Siamo noi che, a piccoli passi, con costanza e con preparazione, possiamo cercare di salire in alto, raggiungere il nostro sogno e, perché no, cercare di volare più vicino alle stelle”.
Il libro è dedicato ai piloti collaudatori Pietro Venanzi ed Herb Moran, colleghi di Donatella Ricci in Leonardo-Finmeccanica morti in un incidente di volo, mentre la prefazione del libro è firmata dall’astronauta italiana dell’Esa e ufficiale pilota dell’Aeronautica militare, Samantha Cristoforetti, amica personale e ispiratrice dell’autrice.