Energia Milano, 3 set. (askanews) – In tempo di prezzi dell’energia stellari tutte le trovate per risparmiare sui consumi sono benvenute. E non è un caso che una tecnica di cottura della pasta, scoperta alla fine del 700 e nota ad addetti ai lavori ed esperti di chimica applicata alla gastronomia, trovi ora un inedito interesse. Specie se a rilanciarla è un fisico del calibro del Nobel Giorgio Parisi. E’ di qualche giorno fa, infatti, un post di Parisi che ripropone la cosiddetta “cottura passiva” della pasta, ovvero a fuoco spento, o bassissimo, ma rigorosamente con coperchio, per ridurre i consumi. “La cosa più importante – scrive il premio Nobel sul social network – è tenere il coperchio sempre, il calore si perde moltissimo per evaporazione. Dopo che bolle la pasta io metto il gas al minimo, minimo, in maniera che bolla bassissimo senza consumare gas”. “Si può anche provare a spegnere – aggiunge – ovviamente in questo modo si consuma ancora di meno e penso che la pasta si cuocia lo stesso. In fondo la pasta si cuoce bene anche in montagna con l’acqua che bolle a 90 gradi”. Su questo argomento, c’è uno studio scientifico, realizzato da Perfect food consulting per i Pastai italiani di Unione italiana food, che misura il risparmio – energetico, di emissioni di CO2 equivalente e di acqua – derivante da tre accorgimenti per cuocere la pasta. Ovvero: tenere il coperchio sulla pentola quando portiamo l’acqua a ebollizione, usare la giusta quantità di acqua – ne serve meno di quella che generalmente si pensi – e spegnere il fuoco prima del tempo approfittando della cottura passiva. Lo studio calcola che, per 200 grammi di pasta da cuocere in modo convenzionale, l’uso del coperchio durante la fase di ebollizione consente un risparmio fino al 6% di energia ed emissioni di CO2e; l’utilizzo di 700 millilitri di acqua anzichè un litro per 100 grammi di pasta oltre a risparmiare il 30% di acqua, consentirebbe di tagliare il 13% di energia ed emissioni di CO2e. Infine la cottura passiva: dopo i primi 2 minuti di cottura in modo tradizionale, la pasta continua a cuocere in modo indiretto, a fuoco spento a patto che si usi il coperchio per non disperdere calore. Con questo metodo il risparmio di energia ed emissioni di CO2e arriva fino al 47%. In realtà la cottura passiva della pasta, oggi così attuale, ha radici antiche, come rivelato sul web ormai diversi anni fa dal chimico Dario Bressanini: fu Benjamin Thompson, più conosciuto come Conte Rumford, tra i fondatori della termodinamica, nel 1799 a intuire che l’ebollizione dell’acqua non fosse una condizione assolutamente necessaria per poter cuocere la pasta. “Tutto il combustibile che viene utilizzato nel farla bollire vigorosamente è sprecato – scriveva Thompson – senza aggiungere un singolo grado al calore dell’acqua, né velocizzare o accorciare il processo della cottura di un solo secondo. Poiché è dal calore, dalla sua intensità e della sua durata che il cibo viene cotto, e non dall’ebollizione dell’acqua che non ha alcun ruolo in quell’operazione”. Thompson lo scriveva in riferimento a carne e verdura, ma questo è un principio generale, ricorda Bressanini, che vale per la pasta. E allora quali sono le temperature dell’acqua ideali per ridurre i consumi di energia e cuocere a puntino la pasta? Scrive Bressanini su un suo blog: “L’acqua penetra nella pasta anche a basse temperature, persino in acqua fredda, ma più la temperatura aumenta e più velocemente entra nell’impasto. La gelatinizzazione dell’amido, fenomeno in cui i granuli di amido assorbono acqua e formano un gel, avviene tra i 60 e i 70 gradi. Il glutine denatura e coagula tra i 70 e gli 80 gradi, tutte temperature molto al di sotto delle temperature di ebollizione comuni nelle nostre cucine. Questo significa che è possibile cuocere la pasta anche tenendo l’acqua a 80 gradi”. Quindi a fuoco spento e rigorosamente con coperchio.
Nobel Parisi rilancia cottura pasta fuoco spento, una scoperta di fine ‘700
Studio Unionfood: così risparmi energia ed emissioni CO2e al 47%