Roma, 27 apr. (askanews) – L’Assemblea capitolina ha approvato oggi all’unanimità, con 39 voti favorevoli, una delibera che getta le basi per una politica del cibo nella capitale, a prima firma del presidente M5S della commissione Ambiente Daniele Diaco e dell’assessore al Commercio Andrea Coia, con il supporto bipartisan dei consiglieri Pd Giovanni Zannola e Valeria Baglio per il Partito Democratico. Un atto fortemente voluto dal Consiglio del Cibo per la Food Policy di Roma, una rete di oltre 50 associazioni, reti e soggetti del mondo accademico nata nel 2019 proprio con la proposta di dotare il Comune agricolo più grande d’Italia di un piano strategico civico e partecipato sull’agricoltura e l’alimentazione. La delibera prevede di garantire a tutte le famiglie romane il diritto all’accesso a un cibo ecologico e ridurre gli sprechi. Con la creazione di una Consulta cittadina l’atto punta a potenziare la quota di prodotti locali nelle mense scolastiche, sostenere con risorse e programmi pubblici la filiera della solidarietà e le esperienze di economia solidale come i Gruppi di acquisto solidale, piattaforme di distribuzione alternativa, mercati contadini. Si punta, ancora, a ridurre gli sprechi alimentari favorendo la redistribuzione delle eccedenze tramite il sostegno diretto al lavoro oggi in carico ad associazioni e volontari.
Dal punto di vista produttivo l’obiettivo è di migliorare l’accesso alle risorse primarie e fermare il consumo di suolo, favorendo il ricambio generazionale dell’agricoltura locale e facilitando il loro accesso ai mercati rionali: si pensi che nei 127 mercati comunali, stando ai dati diffusi dalle associazioni, si trovano a malapena un centinaio di coltivatori diretti. “La pandemia di Covid-19 ha mostrato come anche a Roma le fasce “Ho incontrato le associazioni qualche giorno fa – ha spiegato nel corso della discussione il presidente M5S dell’Assemblea Marcello De Vito – e la delibera ha dovuto attendere un anno e mezzo per essere approvata a causa dei tempi rallentati dalle sedute online. C’è grande attenzione da parte della città al tema e spero che presto tutte le realtà coinvolte possano confrontarsi concretamente con l’amministrazione sul merito, nella Consulta che verrà creata”.
“Milano dal 2015 si è dotata di una Food policy – ha spiegato il primo firmatario Diaco – e in un’epoca di pandemia in cui si vive una forte crisi economica ma anche sociale e ecologica, abbiamo bisogno di un nuovo modello per il Comune agricolo più grande d’Europa, con quasi 58mila ettari di superfice utile agricola che possono fare la differenza se ben impiegati”.
La pandemia, ha spiegato Zannola “ha approfondito le diseguaglianze e una nuova politica del cibo per la città può intervenire a sanarne le ferite. Mettere a sistema l’operato di persone attive da diversi anni per studiare e fotografare il sistema agroalimentare romano, può aiutarci a mettere a sistema chi produce e chi consuma il cibo nella città, con al centro il diritto al cibo e avendo in campo chi nelle settimane dure del Covid hanno garantito sostegno solidale a chi è rimasto indietro”. “Un risultato raggiunto con un processo nato dal basso e accolto dalla politica in un atto ufficiale – dichiara Fabio Ciconte, direttore di Terra!, fra le associazioni promotrici della food policy -, un caso unico in Italia e forse nel mondo: di solito le strategie alimentari nascono per impulso delle istituzioni, mentre qui è accaduto l’opposto. Siamo fieri di essere fra i promotori di questa iniziativa, che tramite la delibera metterà a confronto finalmente le reti della società civile con la politica per dare vita ad un processo di pianificazione del settore agricolo e alimentare che speriamo sarà davvero partecipato”. “Le associazioni che formano il Consiglio del Cibo, dalla Rete romana di economia solidale a Slow Food, da Assobotteghe a Fairwatch, da Refoodgees alla Cooperativa Co.r.ag.gio – spiega Riccardo Troisi di Fairwatch – hanno già proposto una serie di priorità che una politica del cibo dovrebbe affrontare. Oggi la metà della popolazione mondiale vive nei grandi centri urbani e nel 2050 questo numero salirà a due terzi. Gli enti locali devono attrezzarsi al più presto per affrontare questa necessità come tante metropoli – da Parigi, a Toronto a New York, fino a Quito – hanno già fatto. Monitoreremo con grande attenzione la sua applicazione da parte del Campidoglio”, ha concluso.