Roma, 20 apr. (askanews) – “La presa di posizione dell’Onu contro i wet market è tardiva”. Lo afferma il presidente dell’associazione ambientalista Fareambiente, il prof. Vincenzo Pepe, ospite del programma “Genetica Oggi”, condotto da Andrea Lupoli, su Radio Cusano Campus.
“Non è la prima volta che in Cina trasmigrano dall’animale all’uomo dei virus pericolosi. Pensiamo alla Sars, all’Ebola, virus originati tutti dal consumo tradizionale in Cina di animali selvatici presso i wet market, i mercati bagnati, caratterizzati da acqua e fango. Il 24 febbraio di quest’anno il governo cinese ha vietato il consumo di carne di questi animali e ha messo in quarantena i mercati, ma già nel 2003, nel caso della Sars, erano stati sospesi i wet market poi riaperti, una volta superata l’epidemia”.
“Noi riteniamo – aggiunge il prof. Pepe – che questi mercati vadano chiusi definitivamente non solo per evitare di minare nuovamente in futuro la salute dell’intero popolazione mondiale con una nuova pandemia, ma anche perchè la legislazione cinese, in materia dei diritti degli animali, pur seguendo una tradizione antica, è di una crudeltà estrema. Pensiamo al “Yulin Dog Meat Festival” che a giugno dovrebbe essere celebrato. Quel festival dove i cani vengono rinchiusi i in delle gabbie con poco spazio, vengono immersi vivi nell’acqua bollente con una drammaticità dal punto di vista del trattamento degli animali che non va al passo con le regole di civiltà internazionale. Ecco perchè non solo l’Onu ma tutti gli Stati devono intervenire affinché cessi il commercio di animali selvatici e soprattutto quest’uso cruento ai fini alimentari di animali vivi”.
“Come Fareambiente ritieniamo che pur nel rispetto delle tradizioni antiche non si debba ledere assolutamente l’incolumità di altre comunità. L’opinione pubblica internazionale deve mobilitarsi nei confronti delle istituzioni, ma anche dell’Europa stessa, non solo per avere conferma dell’origine reale di questo virus, ma anche per far cessare queste attività cruente nei confronti degli animali che negano i loro diritti”.
“Chiediamo un’azione internazionale di risarcimento dei danni e crimini contro l’umanità. Non possiamo più sopportare, per colpa della negligenza delle istituzioni internazionali, l’ennesimo onere sanitario, oltre a quello economico che ne consegue dallo sviluppo di una nuova pandemia”, conclude il presidente di FareAmbiente.