Roma, 3 ott. (askanews) – Aumentano i casi di tubercolosi nelle carceri, rallenta la diffusione del virus hiv e si riduce quella dell’epatite C anche se ancora oggi un detenuto su due è malato di epatite C. E’ la fotografia scattata dalla SIMSPe-Società Italiana di Medicina e Sanità Penitenziaria- che apre oggi a Milano il XX Congresso Nazionale, Agorà Penitenziaria 2019, intitolato “Il carcere è territorio”.
Circa 200 i partecipanti, provenienti da tutta Italia. L’appuntamento, organizzato in collaborazione con Regione Lombardia e SIMIT – Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali, è presieduto da Roberto Ranieri e rappresenta il momento di confronto fra quanti, a vario titolo, si occupano di sanità e di salute all’interno degli Istituti Penitenziari con l’intento di fornire spunti per una riflessione approfondita del fare Salute in carcere.
Risulta dai dati ufficiali del Ministero della Giustizia che un terzo della popolazione è straniera, e, con il collasso di sistemi sanitari esteri, con il movimento delle persone, si riscontrano nelle carceri tassi di tubercolosi latente molto più alti rispetto alla popolazione generale. Se in Italia tra la popolazione generale si stima un tasso di tubercolosi latenti, cioè di portatori non malati, pari al 1-2%, nelle strutture penitenziarie ne abbiamo rilevati il 25-30%, che aumentano ad oltre il 50% se consideriamo solo la popolazione straniera.
“Anche se stiamo parlando non di malattia attiva ma solo di contatti con il patogeno – spiega Sergio Babudieri, Direttore Scientifico SIMSPe – un detenuto su due risulta essere tubercolino positivo e questo sottintende una maggiore circolazione del bacillo tubercolare in questo ambito. E’, quindi, indispensabile effettuare controlli estesi in questa popolazione, perché il rischio che si possano sviluppare dei ceppi multiresistenti è molto alto, con conseguente aumento della letalità nei pazienti in cui la malattia si sviluppa in modo conclamato”.
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