Roma, 18 lug. (askanews) – “L’introduzione del reato di revenge porn nella legge cosiddetta Codice Rosso ha il merito di colmare un vuoto normativo importante, perché permette di perseguire e punire chi diffonde video e fotografie con contenuti sessualmente espliciti, indipendentemente dalla portata diffamatoria. Il testo, tuttavia, non risolve il problema della diffusione in rete, perché quando interviene il processo penale, a distanza di tempo, il danno è fatto e può essere irreversibile”. Così in una nota l’avvocato Caterina Flick, presidente della sezione di Roma della Adgi – associazione donne giuriste d’Italia.
“É necessario quindi avere strumenti che permettano la rimozione immediata dal web dei contenuti pubblicati, senza le limitazioni oggi esistenti che, ad esempio, impongono di procedere con rogatoria internazionale quando occorre avere informazioni da provider esteri”, osserva l”avvocato Flick.
“Si tratta di iniziative importanti, a cui le amministrazioni dovranno ora dare attuazione con le risorse umane, finanziarie e strumentali già disponibili. In pratica iniziative che rischiano di restare solo buone intenzioni. Pensiamo, ad esempio, alla mancanza di risorse destinate alla formazione degli operatori e al recupero dei condannati. Senza questo e senza concrete possibilità di incidere sui tempi di trattazione dei processi, l’inasprimento delle pene è aria fritta”, continua il presidente di Adgi Roma.
L’Adgi aderisce alla Fédération Internationale des Femmes des Carrières Juridiques, associazione sorta nel 1928 a Parigi, ad iniziativa delle prime avvocate italiane e francesi. Alla FIFCJ aderiscono associazioni di giuriste di tutto il mondo. Obiettivo dell’ADGI, mutuato da quello della FIFCJ, è l’eliminazione delle discriminazioni nei confronti delle donne, attraverso la diffusione dei principi di eguaglianza sanciti dalla Costituzione e dalla Carta delle Nazioni Unite, anche con la promozione di interventi normativi, mediante attività formative e informative e di supporto giuridico alle istituzioni.