Fibrosi cistica, nuovo risultato della ricerca italiana

Nel '20 sperimentazione su malato di composto brevettato da FFC

MAG 28, 2019 -

Milano, 28 mag. (askanews) – Sui farmaci modulatori che mirano alla cura della fibrosi cistica, la malattia genetica grave più diffusa in Italia e nel mondo tra la popolazione caucasica, è in corso una gara internazionale vivacissima tra Europa e Stati Uniti per portare al malato nel più breve tempo possibile farmaci in grado di modificare in maniera importante il decorso della malattia. In Italia la Fondazione Ricerca Fibrosi Cistica, Agenzia Italiana della ricerca FC, partecipa a questa gara con il progetto Task Force for Cystic Fibrosis, interamente finanziato dalla Fondazione e condotto in sinergia con gli Istituti di eccellenza italiani, Istituto Giannina Gaslini e Istituto Italiano di Tecnologia (I.I.T.) di Genova.

A chiusura della due giorni scientifica del seminario divulgativo nazionale promosso da FFC Onlus in questi giorni alla presenza degli scienziati coinvolti negli studi più avanzati, il direttore scientifico di FFC, il professor Gianni Mastella, abitualmente molto cauto nel rivelare gli step di avanzamento della ricerca, ha annunciato con entusiasmo un nuovo importante risultato relativo a questo ambizioso progetto:

“Task Force for Cystic Fibrosis ha riunito una squadra di ricercatori italiani con varie competenze di alta qualità per cercare di individuare uno o più farmaci in grado di colpire la malattia alla radice, quindi la proteina difettosa in questa malattia. Abbiamo individuato un farmaco che negli esperimenti effettuati in questi tre anni dall’avvio del progetto è risultato potentissimo, più potente dei composti che finora l’industria ha perfezionato e messo in commercio. Più potente significa che si tratta di un composto in grado di agire per correggere il difetto di base ad una concentrazione mille volte inferiore rispetto ai composti già noti. Significa che è possibile “giocare” sui dosaggi.

Avendo a disposizione un farmaco molto potente, sappiamo che ne potrebbe bastare una piccola quantità per ottenere un effetto importante. Il che lo renderebbe particolarmente indicato anche per la somministrazione nei bambini sin dalla prima infanzia e in persone particolarmente fragili.

Attualmente siamo in uno stadio molto avanzato della fase preclinica. Si sta producendo il composto in quantità notevoli, perché è necessario fare sperimentazioni in vivo in larga misura per essere sicuri che il farmaco colpisca effettivamente il bersaglio d’interesse nel soggetto vivente e non dia effetti tossici. Presumiamo che verso la metà del 2020 avremo il composto pronto per essere testato nell’uomo. A quel punto, questa avventura verrà svolta con partner con i quali potremo mettere insieme le rilevanti risorse economiche che la sperimentazione nell’uomo richiede. Questa è la nostra speranza e previsione”.