Roma, 21 mag. (askanews) – C’erano più di 150 studenti di Moda, stamattina nell’Aula Magna della Facoltà di Lettere della Sapienza di Roma a sentir raccontare la storia della stilista Francesca Liberatore da lei medesima, una storia racchiusa in 276 pagine e mille foto messe insieme da Silvana Editoriale per dar corpo a qualcosa d’immateriale come lo stile. E vuoi che, a dirla con le parole di Giuseppe Di Piazza, direttore del Corriere della Sera edizione Roma, sia stato perché Francesca “è pura romanità in un bagno d’internazionalità”, vuoi perché ci sono stati video, tanti racconti e persino i vestiti, seppur stampati sulla carta, ma alla fine gli studenti hanno ascoltato e si sono anche divertiti, o almeno così è sembrato perché nessuno ha lasciato l’aula prima della fine e di cellulari accesi in sala ce n’erano pochini, cosa rara di questi tempi.
Già, divertimento, perché è quello che la gente chiede alla moda e a tutto il resto, un divertimento a tratti formativo, che ha premiato il lavoro della preside Cinzia Capalbio e della professoressa Livia Crispolti, che hanno messo un modello davanti agli studenti, quello che potrebbero diventare tra dieci anni, il tempo di carriera narrato da Liberatore a cavallo tra Roma, Parigi, New York e quel lavoro di formatrice in giro per il mondo che ha raccontato con una sorta di pudore, pur essendo accompagnata in questo da Diana Battaggia, che dirige a Roma l’Agenzia delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Industriale. “Francesca – ha raccontato – è stata spesso in missione nei paesi emergenti ad insegnare cosa fa la moda e come dal filato ottenere modelli e tanto altros. L’ha fatto anche per nostro mandato e l’ha sempre fatto per spirito di servizio”.
Manca solo un elemento, a completare il quadro: attenzione alla sostenibilità in campo tessile, quella che secondo McKinsey fa spendere ai consumatori dal 5 al 15% in più per uno stesso capo, a patto che provenga da filiera eco-friendly. “Ci sono certificazioni e impegno in tutti i settori della moda, dai filati alle pellicce”, ha spiegato Elisabetta Pinacci, manager per la sostenibilità di Sagafurs, una che ha lavorato con Versace, Armani, Gucci e tanti altri, che ha rilevato con scioltezza che “alla fine la risposta a tutto è la libertà di scegliere, il diritto sacrosanto di ogni individuo a essere quello che è”.